I FIGLI DI SACCHI

Olanda-Italia per noi milanisti non è stata solo la prima importante sfida degli azzurri agli Europei 2008, ma anche l'affascinante confronto fra due allenatori a noi molto noti, ovvero Marco Van Basten e Roberto Donadoni. L'esito della partita, con la netta sconfitta dell'Italia, rende più facile tralasciare e dimenticare in fretta l'aspetto tecnico e concentrarsi solo sulla sfida fra due tecnici che sono anche due amici, visto che hanno giocato e vinto molto insieme quando erano calciatori e facevano parte di quel Milan che recentemente è stato definito la squadra perfetta e, probabilmente, è stata la formazione di club più forte e spettacolare di tutti i tempi. Chi ha vissuto dal vivo l'epopea di quella magnifica squadra ricorda perfettamente il valore dei due giocatori di cui stiamo parlando e che nel frattempo sono diventati anche ottimi tecnici, visto che hanno l'onore di allenare le nazionali dei loro paesi. E' stato bello, emozionante e nostalgico vederli lì, a bordo campo, un po' invecchiati ma con quell'espressione concentrata, grintosa e determinata che avevano quando erano più giovani, indossavano la gloriosa maglia rossonera e contribuivano in modo determinante, con le loro prodezze, ai successi milanisti in ogni parte del mondo. Il "cigno di Utrecht" contro "Luci a San Siro", l'elegante centravanti che coniugava grazia e potenza contro la guizzante ala capace di saltare l'uomo come nessun altro e volare sulla fascia, l'attaccante che segnava gol numerosi e spettacolari contro il fornitore di cross e assist invitanti, il n°9 contro il n°7 di una formazione leggendaria, passata alla storia in un'epoca in cui la numerazione era ancora quella classica (dall'1 all'11) e non "personalizzata" e con tanto di nome sulle maglie. Ci hanno fatto divertire e vincere molto, ci hanno deliziato con le loro magie e per questo non possiamo che voler loro bene, anche se uno adesso ce lo siamo ritrovati contro da avversario (e ce le ha suonate di brutto...) e l'altro è uno dei responsabili di una delle peggiori sconfitte nella storia della Nazionale italiana.
Quanti ricordi sono legati a loro, quante vittorie, quante soddisfazioni, insomma quanto ci hanno fatto divertire e godere! Prendiamo una delle vittorie più mitiche e incredibili di quegli anni, ovvero il clamoroso 5-0 contro il Real Madrid nel ritorno della semifinale di Coppa dei Campioni giocato a San Siro il 19 aprile 1989; ebbene nel tabellino dei marcatori troverete sia Van Basten che Donadoni, oltre ad Ancelotti, Gullit e Rijkaard; curiosamente tutti e cinque ora fanno gli allenatori con vicende e destini diversi e, quindi, si può davvero dire che il loro mister di allora, Arrigo Sacchi, sia stato un ottimo maestro per tutti loro e, più in generale, per quello straordinario gruppo di giocatori e di uomini capace di vincere tutto e di dare spettacolo, rispettando in pieno la "mission" berlusconiana che imponeva di "vincere e convincere". Immagino che Sacchi sia orgoglioso dei suoi "figli", di come hanno imparato le sue lezioni e sono sicuro che, davanti alla televisione, si sia emozionato e commosso come e più di noi nell'assistere al braccio di ferro tra milanisti, vecchi compagni e tuttora amici. Certo i due hanno caratteri diversi: molto scrupoloso, attento e un po' permaloso Donadoni, soprannominato "osso" già ai tempi in cui era giocatore e che, ovviamente, non ha cambiato carattere e attitudini; Van Basten, invece, non sopportava le regole, le soffriva come le star capricciose e come tutti i grandi talenti, al punto da chiedere spesso a Sacchi perchè lo trattasse come tutti gli altri; ovviamente Arrigo rispondeva che era normale che venisse trattato come gli altri e che in un gruppo bisogna che tutti siano uguali, stelle e gregari, se si vuole raggiungere degli obiettivi; probabilmente ora Marco ha capito la lezione di allora ed è diventato allenatore scrupoloso e pignolo, che spesso ha problemi di convivenza con i suoi giocatori dal carattere meno semplice e che quindi, probabilmente, forse non sarebbe andato molto d'accordo nemmeno con se stesso, nel senso di calciatore di un tempo con una certa mentalità che nel corso degli anni è cambiata anche grazie agli insegnamenti del suo maestro di allora. Ovviamente noi preferiamo ricordare entrambi come giocatori di quello straordinario Milan piuttosto che come allenatori; purtroppo una caviglia maledetta ha interrotto troppo presto e sul più bello la carriera dell'olandese, impedendogli di segnare e vincere ancora molto; Donadoni, invece, ha giocato a lungo e conquistato altri successi dopo che Van Basten era già stato costretto al ritiro; l'unica soddisfazione che gli è mancata è un trionfo in maglia azzurra, quello che sta cercando ora da allenatore; l'avventura è iniziata male, ma per consolare lui e noi possiamo ricordare che Donadoni giocava nella Nazionale del '94 (allenata, guarda caso, da Arrigo Sacchi) che perse l'incontro inaugurale contro l'Eire, ma arrivò ugualmente in finale (perdendo ai rigori contro il Brasile). E se proprio dovesse andare male all'Italia, potremmo sempre continuare a seguire con interesse e affetto l'avventura del caro vecchio amico olandese, che dopo il secondo gol della sua squadra ha riproposto quel saltello sui due piedi che di solito faceva prima di battere un calcio di rigore; anche questo semplice gesto che nessuno ha dimenticato ci ha fatto ritornare indietro al passato con nostalgia e ci ha fatto sorridere anche in un momento teoricamente triste, in cui la nostra Nazionale stava affondando inesorabilmente. Grazie Marco, grazie Roberto, compagni di tante avventure, rivali per una notte, ma nemici mai, perchè dentro di voi sicuramente batte ancora un cuore rossonero e perchè certi amori ti lasciano un'emozione per sempre!
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