PAOLO MALDINI, ULTIMA BANDIERA

Il 20 gennaio 1985, a Udine, faceva il suo esordio in serie A un certo Paolo Maldini; fu Nils Liedholm a lanciare coraggiosamente nella mischia il figlio di Cesare Maldini e in quel momento nessuno avrebbe nemmeno lontanamente immaginato che, quasi venticinque anni dopo, quel timido ragazzo con le scarpe strette sarebbe stato ancora in campo, carico di gloria e di successi, a rincorrere un pallone e gli avversari. 900 partite dopo, Paolo Maldini sta per dire basta e il solo pensiero che da domenica in poi non sarà più in campo con la fascia da capitano sul braccio ci mette malinconia. Anche per lui è giunto il momento di dire addio al calcio giocato, un addio più volte rinviato e che molti hanno tentato di evitare anche ora, ma questa volta il capitano è stato irremovibile e saluterà i suoi tifosi al termine di Milan-Roma. Una carriera incredibile come la sua avrebbe meritato un finale più glorioso, magari alzando l'ultimo trofeo di una lunghissima serie; poteva essere quella Coppa UEFA mai vinta, poteva essere lo scudetto (altro trofeo "inedito" per lui, perchè è solo da poche stagioni che esiste la coppa per i vincitori del campionato italiano), ma il Milan di questa stagione non è stato in grado di lottare per vincere, ha avuto troppi problemi e lo dimostra il fatto che anche l'ultima partita a San Siro di Maldini, non sarà solo una passerella spensierata e una festa, ma una sfida vera in cui la vittoria serve per raggiungere matematicamente l'obiettivo minimo della stagione, ovvero la qualificazione diretta ai gironi della Champions League. Qualcuno penserà che forse Paolo rimpiangerà di non aver concluso la carriera da trionfatore, alzando la coppa del mondo per club a Yokohama un anno e mezzo fa, ma Maldini non è tipo da rimorsi e cattivi pensieri ed è comunque orgoglioso di aver dato il suo contributo per altri diciotto mesi, anche a costo di prendersi qualche immeritata critica per alcuni errori “umani” dovuti all’inevitabile usura del tempo che passa e al confronto a volte impietoso con avversari che in alcuni casi avevano la metà dei suoi anni.
Paolo Maldini sta chiudendo una carriera inimitabile che coincide con la fase più scintillante e vincente della lunga epopea della società di Via Turati; Maldini ha vissuto da grande protagonista questo quarto di secolo ed è entrato di diritto nella leggenda rossonera, accanto a tanti altri miti che hanno indossato a lungo la gloriosa casacca del Milan. Dire ancora qualcosa di originale su Paolo Maldini è francamente impresa difficile: da molti giorni, ormai, giornali e televisioni fanno a gara nel mostrare immagini della fulgida carriera di Paolo, snocciolano cifre e dati impressionanti, raccontano aneddoti e particolari di una vita assolutamente speciale, diventata anche argomento, qualche anno fa, di un libro e di un film. La carriera di Maldini va di pari passo con le gloriose vicende della società guidata da Silvio Berlusconi; spesso in questi anni ci è capitato di ricordare successi e trofei vinti (ben 26) ed è quindi inutile farlo ancora, perché il palmares personale di Paolo coincide esattamente con quello del Milan sotto la guida dell’ormai ex presidente (ma comunque proprietario e azionista di maggioranza). Viene da chiedersi se la carriera di Maldini sarebbe stata la stessa se il Milan fosse rimasto quel “povero Diavolo” che era quando Paolo fece il suo esordio in serie A; sorge spontaneo il dubbio se la sua fedeltà alla causa rossonera sarebbe stata identica in una squadra mediocre e lontana dal primato come quella di venticinque anni fa, con Farina presidente e Liedholm allenatore ed il cui vero traguardo stagionale era una semplice qualificazione alle coppe europee, un po’ come avviene ora, se proprio vogliamo essere cattivelli. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte e, fortunatamente, non avremo mai la controprova: Maldini ha dato tanto al Milan e il Milan ha dato tanto a lui, sotto forma di vittorie e trionfi in ogni parte d’Italia, d’Europa e del mondo; Paolo è stato il miglior interprete del ruolo di laterale sinistro di difesa per tantissimi anni e ottimo centrale nella fase finale della carriera, ha avuto la bravura e la fortuna di giocare in una squadra forte, competitiva, vincente, con una mentalità offensiva e votata al successo in ogni partita. Le sue doti tecniche non si discutono visto che è stato uno dei migliori terzini sinistri della storia del calcio, pur non essendo mancino ma destro naturale; le sue qualità umane sono altrettanto lodevoli e questo lo ha portato ad essere un grande uomo, prima ancora che un grande atleta e a diventare uno di quei personaggi, non solo adorati dai propri tifosi, ma rispettati e ammirati da qualunque appassionato di calcio, anche neutrale o addirittura avversario: un esempio su tutti è lo striscione che la curva nord interista gli ha dedicato il 15 febbraio, in occasione dell'ultimo derby disputato da Maldini, definendolo avversario leale e corretto. Quando i tuoi più acerrimi "nemici" (sul piano sportivo ovviamente) ti onorano in questo modo, vuol dire che davvero sei stato un giocatore esemplare e non ci sono aggettivi, frasi o complimenti che possano davvero riassumere ciò che Paolo Maldini ha rappresentato per il Milan e per il calcio italiano, europeo e mondiale. Maldini è uno dei migliori esempi di “uomo Milan” ovvero di quei giocatori che prima ancora che atleti devono essere uomini di straordinarie qualità morali, quelle qualità che dopo quasi venticinque anni di carriera lo portano ad alzarsi alla mattina con una grande voglia di andare ad allenarsi, per poter poi continuare a giocare ad altissimi livelli contro avversari che a volte potrebbero essere suoi figli e avere ancora una vorace fame di successi e di soddisfazioni dopo aver vinto, ripetutamente, tutto quello che un calciatore può vincere. Il suo esempio mancherà molto non solo in campo, ma anche e soprattutto nello spogliatoio, perché tra i suoi compiti più importanti e prestigiosi c’era quello di tramandare ai compagni più giovani la voglia di lottare, di soffrire, di vincere e diventare grandi calciatori ma anche ragazzi esemplari; avere come guida e come esempio un capitano come Paolo è stata una grande fortuna e un onore per tutti i giocatori del Milan in questi anni e una garanzia di successo per chi segue e ama il glorioso Diavolo rossonero.
E pensare che ad inizio carriera qualcuno aveva malignamente insinuato che Paolo avesse trovato spazio nel Milan solo in quanto figlio di Cesare Maldini, ma partita dopo partita, anno dopo anno, le cattiverie si sono trasformate in elogi, Paolino è diventato grande, grandissimo, immenso e ora si può ben dire che le parti si siano ribaltate e Cesare verrà d’ora in poi ricordato come il papà di Paolo Maldini, il più forte e titolato della famiglia.
Sono tante le cose che si potrebbero dire, sono tanti i ricordi da evocare riguardo a Paolo Maldini e questo articolo potrebbe non finire mai; se guardate una qualunque foto di gruppo dopo uno dei tanti trionfi del Milan berlusconiano lui c'è; in questi anni il Milan ha avuto fondamentalmente tre ere di straordinari successi: quella di Sacchi, quella di Capello e quella di Ancelotti, più la felice parentesi dello scudetto del 1999 targato Zaccheroni; ebbene Paolo Maldini ha vissuto tutte queste ere da protagonista, prima come elemento più giovane di uno straordinario quartetto difensivo (Tassotti, Baresi, Filippo Galli, poi rilevato da Costacurta e, appunto, Maldini), successivamente , dopo l'addio di Franco Baresi, da capitano della squadra ed esempio da imitare non solo in campo. L’immagine più emblematica resta, però, quella della premiazione di Manchester: Paolo ha alzato il 28 maggio 2003 la Coppa dei Campioni da capitano del Milan, esattamente come fece 40 anni prima suo padre, sempre in terra britannica; magie e coincidenze che possono capitare solo in una società come il Milan che è un azienda e un modello di efficienza, ma anche una grande famiglia che non dimentica mai chi ne ha fatto parte e rende speciali e a volte indissolubili i legami e i valori che stanno alla base dei rapporti umani prima ancora che professionali.
Ma l’immensità della carriera di Paolo è dimostrata anche da altri particolari o coincidenze, come quella che attualmente i suoi allenatori sono ex compagni di squadra come Ancelotti, Tassotti e Filippo Galli; venticinque anni di serie A, a grandissimo livello e tutti nella stessa squadra, sono un tragurado irraggiungibile ed inimitabile da chiunque, soprattutto in questo calcio dove le bandiere non esistono più e vengono ammainate con troppa fretta; questa è la vera immensità di Paolo e la sua conquista più bella, al di là delle tante coppe, degli scudetti a ripetizione e dei tanti successi che hanno reso bellissima e indimenticabile la sua lunghissima avventura in rossonero.
Paolo è l'ultimo degli Invincibili, un gruppo di giocatori straordinari che hanno fatto la storia del Milan; mi verrebbe da dire che è l'ultimo degli Immortali, ma proprio il fatto che siamo qui a celebrarne la fine della carriera dimostra che l'immortalità non esiste, nemmeno dal punto di vista sportivo e anche Paolo ha dovuto arrendersi all’inevitabile passare del tempo; ad ogni tifoso rossonero piacerebbe pensare ed illudersi che ciò non sia vero e che capitan Maldini sia in realtà un novello Highlander immortale e immune all’usura del tempo, un supereroe senza tempo che corre e lotta in eterno sui campi di calcio, ma di eterna c’è solo la riconoscenza dei tifosi rossoneri nei suoi confronti, perché difficilmente il Milan ed il calcio italiano avranno ancora la fortuna di poter trovare un uomo ed un giocatore straordinario come Paolo Maldini; in un mondo come quello del calcio attuale in cui i giocatori cambiano anche due o tre squadre all’anno e quasi mai riescono a chiudere la carriera laddove l’hanno iniziata, Maldini è forse l’ultimo grande esempio di attaccamento alla maglia, l’ultima bandiera rossonera. La casacca rossonera è stata ed è la seconda pelle di Paolo, a San Siro e a Milanello lui si è sentito come a casa e il Milan è come una famiglia, una grande famiglia che ha accolto suo padre, lui e, chissà, magari ora abbraccerà suo figlio Christian che mostra già buone doti.
Quante emozioni ci hai fatto provare, quante gioie abbiamo vissuto insieme, tu in campo, noi sugli spalti; è stato bello lottare, soffrire, vincere e gioire insieme per ventuicinque anni, quindi grazie Paolo per tutto quello che hai dato al Milan e a noi tifosi in questi anni; nessuna parola, nessuna frase, nessun discorso può spiegare la tua grandezza, la tua immensità; la bandiera che tu rappresenti sventolerà sempre alta e orgogliosa perché ormai tu fai parte della storia, della leggenda del calcio e del tuo amato Milan e per questo nessuna forma di riconoscenza da parte nostra sarà mai abbastanza grande.
25 anni di Milan, 25 anni di storia e di successi…grazie Paolo dal profondo del nostro cuore rossonero!
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