MN - Zaccheroni: "Rangnick mi sembra un allenatore adatto alla ricostruzione. Può funzionare come dirigente-tecnico"

Intervenuto in esclusiva ai microfoni di Milannews.it Alberto Zaccheroni, ex allenatore di calcio, ha parlato di Rangnick. Questa la domanda e la risposta:
Circola insistente il nome di Rangnick in orbita rossonera. Che idea si è fatto dell’allenatore tedesco?
“Non lo conosco ma ho visto le sue gestioni e i suoi risultati. Mi sembra un uomo con le idee chiare e dalla grande personalità, molto deciso e determinato e in una ricostruzione potrebbe essere l’uomo giusto. Mi sembra un allenatore più adatto per una rifondazione più che per una gestione. Sul mercato ci sono tanti allenatori che possono allenare il Milan ma quello che mi preme capire sono i tempi e il modo perchè i rossoneri hanno bisogno di essere ricostruiti. Il tecnico può essere sostituito ma non deve essere mai messo in discussione se no i giocatori non ascoltano più l’allenatore. Qualsiasi scelta facciano, se vanno avanti con Pioli o lo cambiano devono dare il massimo sostegno all’allenatore. Questo vale in tutte le categorie e io ne so qualcosa dato che le ho fatte tutte."
Il tecnico tedesco potrebbe o dovrebbe ricoprire la figura dell’allenatore-dirigente. Nel calcio italiano sarebbe una novità funzionale?
“No non credo possa trovare difficoltà ci si deve solo abituare perchè se funziona all’estero non vedo perchè non possa funzionare in Italia, anche perchè adesso è cambiata la figura della proprietà. Prima c’era la dirigenza che non gestiva la società a fine di lucro ma per un valore affettivo e quindi prendeva determinate figure a gestire il club. Gli investitori invece hanno una visione diversa e quindi scelgono determinati dirigenti che conoscano bene il calcio. Mi sembra anche giusta la scelta di lasciare all’allenatore la scelta dei giocatori. Io mi ricordo che per parecchi anni io facevo l’ultimo allenamento al venerdì, lasciavo il sabato libero e andavo a vedere la formazione Primavera per scegliermi i giocatori da portare su l’anno successivo. Davo poi indicazioni alla proprietà o al presidente sui giocatori che mi interessavano ma non andavo a fare trattative o a parlare con gli altri dirigenti. In prevalenza chiedevo giocatori in prospettiva per farlo crescere e farne godere i frutti alla squadra per anni e per poi eventualmente rivenderlo. Mi ricordo ad esempio ad Udine dove si valorizzavano i giocatori e poi si vendevano mantenendo sempre lo stesso livello e compiendo una crescita graduale. Come? Mantenendo l’ossatura generale, questa è la cosa importante e anche se vanno via tre/quattro giocatori il clima era sempre lo stesso e chi arrivava sapeva già cosa fare"

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