Milan-Como a Perth. Zazzaroni polemico: "Calcio e canguri, troppi canguri"

Nel corso del consueto appuntamento con il suo editoriale per Il Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni ha detto la sua sulla decisione di far giocare Milan-Como, sfida valida per 24esima giornata del campionato di Serie A Enilive, a Perth, in Australia, a 13000 chilometri da dove si sarebbe dovuta disputare, ovvero a San Siro:
"Mi sono fatto un film. La trama: domenica 9 febbraio 2026 Milan e Como giocano a Perth una partita di campionato. Italiano, non australiano. Subito dopo il fischio finale le squadre salgono sull’aereo del rientro. Arriveranno fuse in tutti i sensi (anche orario): «Ci vediamo al campo mercoledì mattina». Mettiamo che a inizio febbraio il Milan di Allegri sia sorprendentemente primo, Inter e Napoli secondi a uno o due punti, Juve poco più indietro con la Roma o con chi volete voi. Il Como di Cesc, invece, a un passo dalla zona Europa League. Con merito.
Se film dev’essere, che il finale sia più horror che fantasy. La domenica seguente il Milan è impegnato a Pisa e il Como in casa con la Fiorentina. Per una ragione o per un’altra entrambi perdono. A quel punto si aprono le cateratte e la Lega calcio viene sommersa da offese di vario genere. Mi auguro che risparmino l’incolpevole Simonelli. Gli altri, da De Siervo a Butti, a Mauri, hanno le spalle larghe essendo abituati ad affrontare dissensi societari e popolari. Qualche vaffa raggiunge anche Giorgio Furlani che “ha operato attivamente per far giocare a Perth”.
Dicono che queste trasfertone promozionali servano a esportare il calcio nell’altro mondo. Sì, ma quale calcio? Quale genere di spettacolo poi? Non sarebbe più corretto ammettere che si va a quasi 14mila chilometri di distanza per una cifra tra gli 8 e i 9 milioni puliti, sacrificando l’aspetto sportivo?
Per amor di verità, devo dire che De Siervo l’ammissione l’ha pure fatta, rispondendo a Rabiot. Adrien aveva definito l’Operazione Kangaroo una follia o una cagata pazzesca. «Rispetti chi lo paga», ha chiosato l’ad. Per cercare un minimo di consolazione, ho dato un’occhiata all’intervento di Ibrahimovic all’ex Eca, il regno dei sultani Nasser e Ceferin. Zlatan ha detto tutto e il contrario di tutto: in fondo mi ha ricordato la composizione degli equilibri societari del Milan. Ha prima esaltato la SuperChampions, i cui effetti sono lo svilimento della serie A e il prossimo dimezzamento dei diritti tv interni. Poi ha criticato i calendari delle nazionali, in particolare gli impegni dei tornei meno importanti, invitando a tutelare i calciatori. Ma ha anche spiegato che ai tifosi piacciono più le partite che gli allenamenti e che le rose di 25 gli sembrano sufficienti e insomma non ho capito dove volesse andare a parare.
Quando ha toccato il tema dei guadagni milionari di molti suoi ex colleghi, ha chiarito che la colpa è dei manager. Intendeva i presidenti di club o gli agenti? Io propendo da anni per i primi. Lui no, mi sa.
A tal proposito, ho un ricordo legato proprio a Ibra. Serata Eurochampion organizzata ventun anni fa a Udine dalla famiglia Pozzo. A tavola lui, appena arrivato in Italia, Raiola, Rafaela Pimenta, che a quel tempo era l’assistente di Mino, e il sottoscritto. A metà cena Raiola si rivolge a Zlatan: «Slatan (esse iniziale, nda) per guadagnare di più dovresti segnare più gol». Immediata la risposta dello svedese, accompagnata da un sorriso furbo: «Se segnassi di più non avrei bisogno di te». Sempre ieri Ibra ha ricordato che la Juve lo strappò alla Roma: per i social senza attenzione al passato, un’autentica rivelazione, per chi c’era in quegli anni la scoperta dell’acqua calda.
PS. Pensierino del giorno di Carole Matthews: «Anche in quest’epoca in cui viaggiare è relativamente facile, dove il mondo è diventato un posto piccolo, un villaggio globale, l’Australia è ancora un “posto maledettamente lontano”".

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