Ambiente totalmente tossico, come se ne esce? E se neanche un Milan-Liverpool di Champions accende la fiamma...

Ambiente totalmente tossico, come se ne esce? E se neanche un Milan-Liverpool di Champions accende la fiamma...MilanNews.it
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mercoledì 18 settembre 2024, 12:00Primo Piano
di Manuel Del Vecchio

Partiamo da un presupposto: la scelta della foto di Pulisic non ha nulla a che vedere, come singolo, con i problemi scritti nel titolo. Anzi. Chris è una delle poche luci di quest'ultimo periodo. La verità però è che da questi momenti così complicati non se ne esce come singoli, ma come un gruppo unito e coeso: squadra, allenatore, dirigenti, club e tifosi devono ricominciare a parlare la stessa lingua.

Scriviamo questo perché ormai l'ambiente Milan è tossico in tutte le sue componenti. Non è un'accusa verso nessuno ma una constatazione. Ci sono tante cose, alcune piccole, alcune grandi, che messe insieme creano un vortice di tossicità e negatività che probabilmente fa vedere ancora più nero di quanto non sia effettivamente il quadro generale.

Milan-Liverpool, prima gara di Champions League della stagione, unico big match europeo casalingo, e San Siro non fa sold out: ieri sera erano presenti "solo" 59.826 spettatori. Neanche 60 mila tifosi per quello che potrebbe essere l'unico appuntamento di un certo livello nella Champions della Milano rossonera in stagione. Prezzi alti, difficoltà logistiche date dal posizionamento infrasettimanale della partita, vicinanza col derby... La verità è che quando Milan-Liverpool non riesce a fare sold out (e i prezzi sono stati in linea con Milan-PSG dell'anno scorso) vuol dire che qualcosa che non va c'è di sicuro.

E infatti continua lo scollamento tra tifo e squadra cominciato al termine della passata stagione: all'ennesima delusione calcistica la Curva Sud ha perso la pazienza. Prima qualche minuto di silenzio, poi fischi fortissimi e cori inequivocabili come "Tirate fuori i coglioni" e "Ci avete rotto il cazzo". Ambiente caldo, carico e pronto ad esplodere, che stride all'inverosimile con la "formula show all'americana" adottata in questa stagione dal Milan nel pre partita e all'intervallo. Per la seconda volta quest'anno, dopo la partita inaugurale col Torino, a fine primo tempo ci si è ritrovati con la squadra in svantaggio e con un team di animazione che cercava di coinvolgere il pubblico sugli spalti, evidentemente teso e contrariato per quello che succede in campo, con balletti e intrattenimento da stadio di baseball. Solo che qui, nonostante Milano sia splendidamente contaminata da tante culture culinarie diverse, l'hot dog non attacca e la salamella rimane sacra. Il rischio disaffezione, quando il tifoso è trattato da numero e cliente, è altissimo.

C'è distaccamento anche nel comportamento di alcuni calciatori e la squadra, visto che Leao, dopo l'ammutinamento "ingenuo" di Lazio-Milan ieri al fischio finale ha lasciato i compagni a prendersi i fischi, meritati, della Curva Sud, mentre lui è corso immediatamente negli spogliatoi. Logico che potesse avere la luna storta dopo una prestazione tutt'altro che memorabile in una serata in cui era chiamato a fare la differenza, ma essere squadra vuol dire anche fare cose controvoglia per il bene comune. Il momento poi è già quello che è, bisogna evitare di prestare il fianco ed altri possibili appigli per poter andare a rigirare il dito nella piaga.

È tossico il siparietto iniziale tra Boban e Ibrahimovic, evidentemente entrambi vittime dei loro personaggi. Lasciando perdere Boban, non più tesserato AC Milan dopo le tristi scelte su Giampaolo e sull'aver attaccato a mezzo stampa l'ottimo Gazidis anni fa, Ibrahimovic stecca l'ennesima dichiarazione da dirigente. Il ruolo da macho poteva andare bene quando era ancora un calciatore e aveva la possibilità diretta di incidere sul campo, cosa che gli riusciva spesso e benissimo, mentre da manager i toni devono essere totalmente diversi: è la carica che ricopre a richiederlo, oltre i tristi risultati della squadra di cui lui al momento è garante e "boss". Le metafore su dei, leoni e gattini magari sono simpatiche per chi in questi giorni sta iniziando il quinto anno di scuole elementari, per tutti gli altri sono solo frasi un po' imbarazzanti e fuori luogo.

È tossico anche l'accanimento di vari personaggi televisivi verso Paulo Fonseca: i risultati ed i temi calcistici sono ampiamente criticabili, ma il tecnico portoghese rimane un professionista serio che non ha mai mancato di rispetto a nessuno. Trattarlo come una pezza da piedi, nonostante l'amarezza e la frustrazione per quello che si vede in campo, non rende onore a nessuno e contribuisce all'esacerbare solo i toni dei discorsi sul Milan.

Infine, un'amara riflessione. Nelle ultime stagioni questa è stata una squadra che ha sempre dimostrato diversi limiti e difetti, spesso gli stessi, ma al momento del big match o della grande occasione ha sempre dato dei colpi di coda importanti, dei sussulti che in qualche modo potessero dare speranza. Ieri sera, in un Milan-Liverpool di Champions League a San Siro, non c'è stato neanche quello. Dopo un inizio ottimo la squadra si è sciolta alle prime correnti contrarie, rimanendo su uno spartito piatto per tutti i 90 minuti. Non ci si è riusciti a scuotere, né con i fischi, né con la protesta della Curva e neanche per l'orgoglio di indossare questa maglia in un palcoscenico che negli anni ha contribuito a costruire la gloriosa storia del club. Probabilmente tra le tante cose che non vanno questo encefalogramma piatto è la più preoccupante.