Cosa ci racconta davvero l’infortunio di Ibrahimovic

Cosa ci racconta davvero l’infortunio di IbrahimovicMilanNews.it
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sabato 1 aprile 2023, 18:00Primo Piano
di Redazione MilanNews

Era tornato a disposizione accendendo gli animi e gli entusiasmi dei tifosi, restituendo brio e speranza ai supporters più sconfortati dal rendimento del Diavolo nelle ultime settimane. Neanche il tempo di esaltarsi, che l’ambiente rossonero deve soffocare l’euforia. Dopo la convocazione in nazionale, nella quale Ibra ha accusato un problema al polpaccio, ripiomba di colpo la questione fisica di Zlatan, che in relazione all’età e ai problemi offensivi del Milan converge tutte le riflessioni sulla questione rinnovo: sì o no?

TROPPE ASSENZE

Non giriamoci intorno: la tenuta fisica di Ibrahimovic è il suo unico (ma enorme) tallone d’Achille. Dio si scopre umano, almeno a metà. Un semidio che, come il miglior combattente degli Achei, nelle giuste condizioni dà qualcosa che nessun altro è in grado di dare. Ma proprio come Achille, basta “poco” per metterlo ko. Come riportato da Gazzetta, da gennaio 2020 (ossia dal ritorno in rossonero di Zlatan), Ibrahimovic è stato costretto a fermarsi diverse volte. Addirittura tredici eventi (tra infortuni e Covid), con due interventi chirurgici, per un totale di 68 partite saltate in questi tre anni. Per un giocatore di 41 anni, una cartella clinica del genere non lascerebbe spazio a molte interpretazioni e nemmeno a molte discussioni: grazie di tutto, ma ora basta. O no?

IBRAHIMOVIC NON SARÀ MAI UNO COME TANTI

Non vi è dubbio che l’integrità fisica di Ibrahimovic non sia quella che si sperava che avesse, nonostante la sua età. Una condizione che ne limita l’eterno talento e frustra la sua voglia di mettersi a disposizione della squadra e di sentirsi utile come sa che potrebbe ancora essere. Ormai è sempre più evidente: la testa di Ibrahimovic viaggia alla velocità di 10 anni fa, i suoi piedi disegnano calcio come ha sempre fatto; il fisico, purtroppo, non tiene più i ritmi che hanno reso Ibrahimovic la leggenda del calcio che è. Dispiace sempre vedere il declino di un campione, ma ad oltre 40 anni è anche abbastanza normale che vi sia una flessione. Sia essa fisica o tecnica e nel caso del fenomeno svedese, è solo fisica. Ma è molto condizionante. Questo significa addio a Ibra a fine stagione? Non necessariamente: che al Milan vi sia bisogno di un attaccante futuribile non vi è ombra di dubbio, ma se Zlatan dovesse accettare di essere considerato, alla luce delle assenze di questi anni, una riserva di lusso, sulla quale contare quando il mister lo ritiene più opportuno, senza avanzare pretese (di impiego e minutaggio), tenerlo in rosa sarebbe ancora una risorsa che non tutti si potrebbero permettere di avere. Ipotizzando un ritorno a Milanello di Lorenzo Colombo, sul quale Maldini e Massara credono e puntano tanto, male non può fare al centravanti italiano poter allenarsi e imparare in allenamento da due giocatori come Olivier Giroud e Zlatan Ibrahimovic, due campioni pronti anche a fungere da chioccia per forgiare e far crescere l’attaccante del futuro che il Milan si è cresciuto a casa. Perché l’unicità di Ibrahimovic è introvabile ed irripetibile e la sua esperienza può ancora tornare utile alla squadra, anche centellinata nell’arco di una stagione, a patto che però vi sia qualcun altro che si carichi la titolarità sulle spalle e possa intercambiarsi con Giroud nel corso della stagione.

di Luca Vendrame