esclusiva mn

Eranio: "Il mio Milan, che squadra! Vi racconto quando Savicevic parlava tramite Boban..."

ESCLUSIVA MN - Eranio: "Il mio Milan, che squadra! Vi racconto quando Savicevic parlava tramite Boban..."MilanNews.it
domenica 3 maggio 2020, 17:15Primo Piano
di Salvatore Trovato

Tre Scudetti, una Coppa dei Campioni e altri trofei: Stefano Eranio si è tolto più di una soddisfazione nella sua carriera da calciatore, al netto di qualche intoppo di troppo dovuto alla sfortuna. Con l’ex rossonero abbiamo parlato proprio della sua avventura al Milan, cominciata nell’estate del 1992.

Che ricordo ha di quel momento?

"In realtà fu una notizia preannunciata, si sa che durante il calciomercato i contatti avvengono molto prima. In quel periodo le squadre più forti d’Italia - Juventus, Inter, Roma, Lazio, il Napoli di Maradona - mi contattarono per capire se c’era la possibilità di comprarmi. Fu una cosa fantastica: la mia scelta ricadde sul Milan perché volevo avere la possibilità di competere con gli elementi della squadra più forte al mondo. Ero in Nazionale e con tanti colleghi si parlava della società e di altro: furono pedine importanti nella scelta mia finale".

Com’era il rapporto con Fabio Capello?

"Molto schietto, è una persona di spessore. Aveva avuto l’opportunità di allenare le giovanili del Milan, quindi conosceva tutti gli aspetti e le cose importanti che deve sapere un allenatore. Capello ha grande personalità ed è un grande conoscitore di calcio. Non guardava in faccia nessuno, pensava solo al bene della squadra. Gli allenamenti erano basati sul “cerco di fare meglio del mio compagno per essere scelto la domenica”. Questa era la forza del mister, riuscire a creare delle sane competizioni interne per poter sempre avere il gruppo al massimo della fame. Aveva l’opportunità, su 30-35 giocatori, di scegliere quelli che stavano meglio".

Gli infortuni hanno un po’ frenato la sua esperienza al Milan?

"Sicuramente sì, anche perché, purtroppo, nei momenti di grande condizione fisica e mentale, arrivavano sempre dei problemini muscolari che mi costringevano a ricominciare daccapo. A causa di questi infortuni ho saltato le due finali di Coppa Intercontinentale e la finale di Coppa dei Campioni del ‘94, che dovevo giocare: il mister mi aveva preso da parte dicendomi di studiare gli avversari, soprattutto quello che era dalla mia parte. E poi ho saltato anche il Mondiale del ‘94. Gli infortuni mi hanno tolto momenti importanti, ma non hanno frenato la mia carriera perché, grazie a Dio, dai problemi sono sempre uscito fuori. Certamente i guai muscolari non mi hanno agevolato. Ho subito anche la rottura del tendine d’Achille: quando succede l’articolazione ne risente e la muscolatura diventa debole da una parte; non sei più “equilibrato” e tante volte sforzi di più certi muscoli e li metti sotto pressione più del dovuto, per quello ti fai male. Sotto questo aspetto non sono stato tanto fortunato fin dall’inizio della mia carriera: mi hanno tolto un pezzo di rene e mi hanno dato dieci punti alla milza quando avevo solo 18 anni".

Nonostante la sfortuna, le vittorie sono arrivate. Qual è il trionfo che sente più suo?

"Certamente gli Scudetti, tutti e tre. Ho fatto parte di un gruppo vincente e quando stavo bene il mister mi metteva sempre in campo, per lui ero uno dei migliori. E giocavo con gente come Gullit, Van Basten, Rijkaard, Papin, Futre, Savicevic, Weah, Simone... In quella squadra tutti meritavano di giocare, ma in campo si va in undici. Ho lasciato il Milan per una scelta personale".

Di ricordi ne avrà sicuramente tanti. Ce n’è uno che, a distanza di anni, le strappa ancora un sorriso?

"Certo. Il primo anno Savicevic ebbe qualche problemino, giocò veramente poco in campionato. Non conosceva l’italiano e aveva delle difficoltà a rapportarsi con i compagni. La lingua non gli permetteva di comunicare se non attraverso Boban. In allenamento non riusciva a dimostrare il suo valore, aveva bisogno di sentire la fiducia totale per rendere al massimo. Ma Capello non aveva tempo di darti tempo. Una volta, durante un colloquio negli spogliatoi, il mister chiese se qualcuno avesse qualcosa da dire. Alzò la mano lui e, tramite Boban, disse: “È possibile che io non possa giocare? Puoi chiedere - rivolgendosi sempre a Zvone - il perché io non giochi in questa squadra? Non posso non giocare in questa squadra”. Capello gli ripose che avrebbe dovuto dimostrare di valere la maglia. Trascorse quell’anno nell’anonimato, ma dalla stagione successiva uscì fuori il vero Savicevic: ha dato una grande mano ai colori rossoneri".

Qualcuno ha parlato di screzi con Arrigo Sacchi. Conferma?

"No. Anzi, secondo me ero un suo uomo, una pedina importante nel suo modo di intendere il gioco del calcio. Solo in una circostanza ci fu un piccolo screzio, durante un allenamento: lui chiedeva di pressare in una determinata situazione e io pensavo non fosse il momento giusto. Ma non ho mai avuto problemi con Sacchi. È una persona a cui devo molto. E penso sia una cosa reciproca, perché nelle qualificazioni al Mondiale ’94, quando mi diede fiducia, segnai tre gol importanti ai fini della qualificazione. Quando mi feci male fu molto addolorato anche umanamente. Persi la finale di Coppa dei Campioni e il Mondiale in pochi mesi, fu un colpo basso per me".

Al di là degli infortuni, ha dei rimpianti legati all’esperienza al Milan?

"Rimpianti no, se non proprio la sfortuna legata agli infortuni. Comunque sono arrivato a giocare fino a 35 anni, in un campionato molto duro come quello inglese (al Derby County, ndr). Mi avevano offerto altri due anni di contratto, ma decisi di tornare. L’idea non era di smettere, però mi spinsero a farlo perché non trovai nulla vicino casa. Scelsi così di diventare allenatore. Come detto, non ho rimpianti se non gli infortuni, soprattutto quello di Genova, dove rischiai la vita. Da quel momento subentrarono delle problematiche fisiche dovute probabilmente all’esportazione di una parte di rene. Quando tocchi un meccanismo perfetto inevitabilmente qualche problemino ce l’hai. Al Milan si giocava tanto, tra campionato, coppe e Nazionale, forse per il mio fisico era troppo e tante volte, quando ero al top della forma, mi saltava il muscolo. Questo è un grande rimpianto, perché Eranio in grande condizione avrebbe sicuramente potuto essere utile alla causa".

Cosa si sente dire ai tifosi del Milan che oggi sono abbastanza scoraggiati?

"Raggiungere quel livello lì, con un presidente che voleva a tutti i costi arrivare sul tetto del mondo, non è facile. Ai tifosi dico di avere un po’ di pazienza e di dare tempo a coloro che stanno gestendo il Milan in un momento non semplice. L’intenzione di questi proprietari è quella di far tornare in alto il club. Non sarà una cosa immediata, ma sono convinto che la maglia gloriosa del Milan uscirà di nuovo fuori".