Il Milan è troppo condizionato da assenze ed infortuni: così è difficile analizzare i rossoneri

Iniziamo questa riflessione da un elenco, diviso per stagioni.
Il riferimento è sempre alla terza giornata del girone di Champions League.
Stagione 21/22, Porto-Milan, 6 giocatori out per infortunio: Maignan, Theo, Rebic, Diaz, Messias, Florenzi.
Stagione 22/23, Chelsea-Milan, 7 giocatori out per infortunio: Maignan, Calabria, Theo, Florenzi, Messias, Saelemaekers, Kjaer (più Ibrahimovic, non inserito in lista UEFA)
Stagione 23/24, PSG-Milan, 4 giocatori out per infortunio: Sportiello, Loftus-Cheek, Chukwueze, Okafor più i lungodegenti Caldara e Bennacer (e Luka Jovic che si fa male durante il riscaldamento).
Quello degli infortuni è sicuramente un tema che scalda chiunque orbiti all'interno e all'esterno del mondo Milan. A torto o ha ragione non sta a noi dirlo, o meglio, non è questo l'intento dell'articolo. Anche perché è sì giusto notare eventuali anomalie, rapportare i dati dei rossoneri a quelli delle altre squadre e prestare attenzione, ma è altrettanto vero che saranno sempre analisi incomplete: al di fuori dei dottori e delle strutture mediche rossonere nessun altro ha i dati precisi e la conoscenza totale delle metodologie adottate. Poi è ovvio, e lo abbiamo scritto anche qualche riga su con quell'elenco, che quando i numeri diventano così importanti è necessario fare delle riflessioni senza volersi nascondere.
Oggi vogliamo però spostare l'attenzione non sul fenomeno in sé, ma su quello che comporta. Porto-Milan, sconfitta. Chelsea-Milan, sconfitta. PSG-Milan, sconfitta. Ma fermi tutti. No, chi scrive non scarica con faciloneria "la colpa" sugli assenti e gli indisponibili. Sarebbe folle. Anche perché il calcio è uno sport che comprende così tante variabili che farebbe sorridere volersi fossilizzare solo su un elemento. Ma non si può negare che queste assenze influenzino pesantemente queste sfide, che partono già con un coefficiente di difficoltà tarato verso l'alto.
Andando sulla sfida parigina, la più fresca, il Milan ha dovuto far a meno del secondo portiere (e possiamo considerarlo ininfluente), di uno dei centrocampisti titolari che quest'anno si era subito imposto con un rendimento molto elevato, di un'alternativa di assoluto valore per l'esterno d'attacco, di un jolly offensivo tra fascia e centro e, durante la partita, ha perso anche il backup che avrebbe potuto dare respiro a Giroud.
Prendiamo proprio il francese come esempio: 37 anni che purtroppo iniziano a farsi sentire. Olivier è indiscutibile per impegno, mentalità, dedizione alla causa e livello generale, ma è impensabile che a quest'età possa farsi carico di reggere tutto l'attacco del Milan con costanza. Eppure ha giocato contro la Juventus, ha giocato contro il PSG e molto probabilmente sarà titolare anche contro il Napoli domenica sera. Tre sfide di altissimo livello in soli 7 giorni. Va da sé che è una situazione a lungo insostenibile, per Giroud così come per Pulisic, così come per Leao e così come per i centrocampisti. E oltre il fattore fisico, che può portare ad altri infortuni come un cane che si morde la coda, c'è l'aspetto tecnico: nelle prime giornate con tutta la rosa a disposizione si è visto come all'ingresso delle riserve il livello non è calato.
Ora, insieme ad interrogativi (d'obbligo mettersi "in discussione" dopo due sconfitte di fila) derivanti da tattica e tecnica, c'è anche l'atavico problema degli infortunati: in questo modo è ancora più difficile capire ed analizzare cos'è che non va in questo Milan di Stefano Pioli. Ed è logico, oltre che auspicabile, che prima o poi si arrivi al nocciolo della questione.

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