Si spensero le luci, non il Milan

Una ricorrenza certamente non ispiratrice di piacevoli ricordi per i tifosi rossoneri quella odierna; è passato esattamente un quarto di secolo dall’infausta notte di Marsiglia, destinata a entrare nella storia del Milan come una delle più amare e indecorose serate, prima durante e dopo; dopo almeno nell’immediato, dal momento che, contrariamente a quanto precipitosamente auspicato da scettici e maliziosi, il ciclo stellare della squadra rossonera non si era ancora concluso, sia pure con una diversa guida tecnica.
Eppure, al momento del sorteggio dei quarti di finale della Coppa dei Campioni edizione 1990-91, che al Milan campione d’Europa in carica per il secondo anno consecutivo (ed altrettanto per la seconda volta di fila vincitore di Supercoppa Europea e Coppa Intercontinentale) aveva abbinato i campioni di Francia dell’Olympique Marsiglia, semifinalisti nell’edizione precedente battuti dal Benfica per un gol di mano a un passo dalla finale di Vienna, in molti nell’entourage rossonero avevano tirato un sospiro di sollievo per aver scongiurato di incrociare nuovamente rivali col dente avvelenato delle edizioni precedenti come il Bayern Monaco, la Stella Rossa, il Real Madrid, oltre all’outisder Spartak Mosca che nel gelo russo, ai calci di rigore, aveva spento i sogni di gloria del Napoli di Maradona campione d’Italia 1990.
La possibilità di centrare il terzo titolo europeo consecutivo, come accaduto in precedenza solo all’Ajax di Johann Crujff e al Bayern Monaco di Franz Beckembauer, fresco c.t. campione del mondo a Italia ’90 e temporaneamente assunto proprio dall’O.M. dell’ambizioso presidente Bernard Tapie, che però l’aveva quasi subito accantonato a favore dell’esperto belga Raymond Goethals, sembrava a portata di mano.
Invece, già nel match di andata a San Siro, il 6 marzo 1991, i rossoneri avevano dovuto sudare parecchio: privi di Van Basten, squalificato dopo l’espulsione rimediata a Bruges nel turno precedente, i campioni in carica trovano quasi subito il gol del vantaggio con Gullit, lesto ad approfittare di una disattenzione difensiva dei provenzali, ma altrettanto immediatamente subiscono la doccia fredda del pareggio firmato da Jean Pierre Papin. Rijkaard manca il gol del 2-1, ma nella ripresa sono i francesi ad andare più volte vicini al vantaggio, con lo stesso Papin e il talentuoso ghanese Abedì Pelè.
Il pareggio mette i francesi in una posizione di vantaggio per il superamento del turno, e i nervi in casa rossonera sono a dir poco tesi, tanto più che, nelle due settimane precedenti la gara di ritorno in programma al Velodrome di Marsiglia, arrivano altrettanti inopinati k.o. in campionato, che compromettono le residue speranze scudetto del Milan, battuto prima a Genova dalla Sampdoria capolista per 2-0 e poi, alla vigilia del volo verso la Francia, dall’Atalanta a San Siro. I 5 punti di distacco dai blucerchiati (all’epoca valevano due punti a vittoria) a nove giornate dalla fine sembrano irrecuperabili; “chi non ci crede resti qui” tuona alla Malpensa Gullit; le incertezze degli ultimi tempi inducono Sacchi ad accantonare il portiere Andrea Pazzagli , così come era accaduto nella stagione precedente quando era stato Pazzagli a scalzare Giovanni Galli, e a schierare Sebastiano Rossi, acquistato dal Cesena, e al suo debutto internazionale proprio nella serata più delicata, dove la cronaca sportiva dura fino al minuto 87, con un Milan che affronta a testa alta i transalpini ma che non riesce a scalfirne la difesa, mentre l’estroso centrocampista Chris Waddle, una spina nel fianco nel doppio confronto per Paolo Maldini (che, non a caso, più volte ha ricordato il calciatore inglese come il rivale che nel corso della sua lunga e gloriosa carriera gli ha creato maggiori grattacapi) fredda con un diabolico diagonale la retroguardia rossonera. Dicevamo, cronaca sportiva: mancano tre minuti alla fine della partita quando un riflettore dell’impianto marsigliese si spegne, e succede di tutto: un’invasione di fotografi in campo nell’errata convinzione che lo svedese Karlsson avesse fischiato la fine delle ostilità; il rifiuto del Milan, con Galliani in campo, a proseguire per i restanti tre minuti di gioco; l’abbandono tra i fischi degli sbigottiti e infuriati spettatori; la sospensione della partita e le decisioni della giustizia sportiva, che assegnano la vittoria all’Olympique per 3-0 a tavolino e, soprattutto, squalificano per un anno da tutte le competizioni internazionali un Milan che, dopo la gloria dei due anni precedenti, conosce la peggiore delle mortificazioni. Il resto, è storia nota: l’Olympique arriverà in finale, ma a Bari verrà battuto ai calci di rigore dalla Stella Rossa di Savicevic e Mihajlovic; il Milan, salutato Arrigo Sacchi, verrà affidato a Fabio Capello che, al suo primo anno, conquisterà un memorabile scudetto senza subire mai una sconfitta e ritornerà così, di prepotenza, nella più importante competizione europea, che proprio allora inizia a conoscere una rivoluzione nel formato, con la previsione, dopo due turni eliminatori, di una fase a gironi dalla quale risulteranno le due finaliste che, guarda un po’ la combinazione, saranno proprio Olympique Marsiglia e Milan, nel frattempo rinforzatosi con l’acquisto di quel Jean Pierre Papin che nei 180 minuti del doppio confronto aveva conquistato l’attenzione di Silvio Berlusconi. Ma anche a Monaco, la sera del 26 maggio 1993, le cose non andranno bene per i colori rossoneri, stavolta almeno senza lampioni spenti.

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