Caro Pioli, stavolta non siamo d'accordo. Dopo il premio scudetto, adesso il "caso Lazetic"… Sono con Sheva, siamo con Sheva

Caro Pioli, stavolta non siamo d'accordo. Dopo il premio scudetto, adesso il "caso Lazetic"… Sono con Sheva, siamo con ShevaMilanNews.it
venerdì 25 febbraio 2022, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Oltre a stimarlo e apprezzarlo, riesco anche a capire Stefano Pioli: è sempre protettivo con la squadra, con i giocatori. Li difende, li sostiene, li giustifica. Non potrebbe essere diversamente: da 2 anni, dopo un lustro di oblio societario e tecnico, all'improvviso questo allenatore ha riportato il Milan in Champions e stabilmente ai vertici del campionato italiano. Lo ha fatto nonostante gli infortuni, nonostante danni esterni palesi, nonostante qualche elemento - in ruoli chiave - non sia evidentemente all'altezza (mentalmente, fisicamente, tecnicamente) di un progetto fortemente ambizioso, in attesa di completare una rosa in generale comunque già forte e competitiva al di là di ogni più rosea aspettativa. E questo grazie a un lavoro delle dirigenza oculato e di qualità, che consente oggi di avere una decina di giocatori con un valore raddoppiato o addirittura triplicato rispetto alla data del loro ingaggio. 

Però esiste uno storyboard lungo e circostanziato che indica caratteristiche (difetti e virtù) inoppugnabili del Milan: quando è con le spalle al muro, dà il meglio di sé nell'atteggiamento e quasi sempre anche nei risultati, mentre quando viaggia sulle ali della speranza, troppo spesso si inceppa. Un misto di superficialità e leggerezza che rischiano di sfiorare nella presunzione, finendo col coinvolgere (come a Salerno) protagonisti insospettabili tipo Maignan, Tomori, Giroud. 

L'amico e collega Alessandro Jacobone ha twittato domenica scorsa una statistica estremamente chiara, difficilmente opinabile: nelle partite contro squadre dall'ottavo posto in giù, l'Inter prima del Sassuolo aveva fatto 43 punti su 45, il Milan 38 su 51. Così gli scudetti si perdono. Così si vanifica il lavoro. 

In un campionato di vertice gli scontri diretti sono 8-10. In questo mini girone i rossoneri sono primi per distacco in fatto di punti, rendimento, qualità. Atteggiamento. Il problema sono le altre 28-30 partite. Troppi sprechi, troppi errori, troppi rimpianti come a Udine, Firenze, Salerno o con Sassuolo e Spezia (2 punti su 15). Pioli dice che non si può ogni volta parlare di gioventù, immaturità, mentalità, invece mi sa che il punto focale stia proprio qui. Questo gruppo di valore sta crescendo e lievitando dall'alto di un podio da cui non scende da 4 gironi, come giocando in perfetto equilibrio sul ramo più alto di un grande albero nel parco cittadino, ma ancora privo del senso di pericolo quando scende e attraversa la strada. Non riesce a capire che possono sfrecciare di colpo una moto un'auto o un TIR anche se le strade sembrano deserte. L'esperienza non pare assimilata, coinvolge persino i primi della classe. Questa pecca purtroppo non la possono colmare né la società (che avrà invece la possibilità di migliorare quel paio di ruoli chiave...), né l'allenatore: ognuno deve guardare dentro se stesso. 

Se non si è lucidi, come più volte ripetuto dopo lo sconcerto di Salerno, significa che non si è né attenti né concentrati. Ed è così che si finisce per diventare i migliori alleati di Inter e Napoli, alle prese con altri tipi di problemi. Dall'Udinese in poi non c'è più tempo né modo di fare altri regali, gli sperperi sono finiti. 

Dopo il deludente pareggio di Salerno, è uscita la novella di una commissione interna alla squadra in procinto di bussare alla porta di Gazidis per il premio scudetto. Tempistica singolare: per pubblicare in prima pagina la bufala, non per il fatto che invece non sussiste. L'arzigogolo è nato da una battuta - in termini assai diversi - fatta da Davide Calabria ai giornalisti Sky (che stavano scherzando con lui) all'indomani delle vittorie su Inter, Lazio e Sampdoria. A pensar male si fa peccato, ma... Come sul nuovo "caso" inventato sull'acquisto di Lazetic, non ancora disponibile. Il giovane talento di Belgrado arrivava dal campionato serbo, fermo dal 16 dicembre. Necessitava di un lavoro di richiamo, praticamente rifacendo da capo la preparazione atletica. Ora il passo più importante: entrare in gruppo, cominciare ad apprendere, iniziare il percorso di inserimento e maturazione. Se non è un "caso" quello di un ragazzino che dalla 5a elementare passa in prima media dopo le vacanze estive, come può esserlo quello di un calciatore che ha compiuto 18 anni un mese fa? 

Non dirò che i 18enni presi da altre squadre, sottraendoli all'interesse di grandi club europei, vengono descritti come "colpi" e non come "casi". Non ripeterò che a pensar male si fa peccato, ma che esiste la sensazione forte e chiara di un clima singolare intorno al Milan, questo sì, vale la pena confessarlo. Si fa peccato, ma spesso non si sbaglia, conclude il proverbio. 
 

Mi sono scritto in queste ore con Andriy Shevchenko. Angosciato per la sua Patria e la sua famiglia. Sono con lui, sono con il suo tweet: “La guerra non è la risposta”. Abbiamo detto tutti basta alla guerra ma le guerre non cessano mai. Si ammazzano tra di loro persone che non si conoscono, comandate da capi di Stato che si conoscono eccome ma non fermano la macchina bellica. Che stritola vite, soldi, futuro. No Andriy, la guerra non è mai la risposta. Ma nessuno ascolta mai le nostre domande di pace, e il mondo si sbriciola.