E' giunta l'ora di togliere il disturbo

Sono perfettamente consapevole che rischierò di passare per l'ingrato di turno e che mi attirerò le critiche di moltissimi milanisti, che magari leggeranno con dispiacere queste righe.
Immagino già commenti del tipo “tu non sei un vero tifoso”, “io mi sono fatto anche la serie B e quindi sosterrò sempre la squadra”, oppure “questa dirigenza va soltanto ringraziata per quanto ci ha regalato negli ultimi 20 anni”. Pareri legittimi, che sgorgano dal profondo dal cuore, frutto della straordinaria passione del popolo rossonero.
Gli stessi sentimenti che mi spingono ad un'analisi impietosa delle ultime vicende e delle prospettive future, alla luce di quanto è emerso durante l'ultima assemblea dei soci e delle parole dell'amministratore delegato, Adriano Galliani.
Premettendo che tutti quanti vanno ringraziati per gli strepitosi risultati giunti sotto la gestione Berlusconi e memori delle impagabili emozioni che questi ragazzi ci hanno fatto assaporare, ad oggi non me la sento di rinnovare la fiducia ad una politica che nel passato recentissimo si è rivelata più volte fallimentare e che non sembra prevedere vie d'uscita rassicuranti.
Quelli che da sempre sono stati capisaldi per il club di via Turati, concetti come programmazione e lungimiranza non appartengono più alla filosofia di un gruppo di lavoro diventato prigioniero, al contrario, di parole d'ordine come contenimento dei costi e immobilismo; il tutto condito da una spruzzatina di gratitudine, parola che suona dolce ma nasconde altre inspiegabili lacune.
E' vero, puntare sul manipolo di calciatori che appariva morto e sepolto dopo l'incredibile notte di Istanbul si è dimostrata, a conti fatti, una scelta geniale e vincente, considerati i tre trofei internazionali messi in bacheca nell'anno di grazia 2007. Ma talvolta riporre eccessiva fiducia in atleti troppo in là con gli anni, sfiancati da migliaia di chilometri di corse e probabilmente appagati dalla conquista di una lista esagerata di coppe, diventa una colpa se ignori colpevolmente i segnali di evidente decadimento che si erano manifestati a più riprese.
Altro capitolo, quello relativo alla gestione dei budget messi a disposizione degli uomini mercato dalla proprietà: investimenti che, negli anni, sono stati sensibilmente ridotti, ma che, è questo è ancora peggio, sono stati sfruttati in maniera scellerata.
Se a questo si aggiunge che da un paio di stagioni a questa parte è stato messo in atto un meccanismo del tutto illogico, al limite dell'autolesionismo, che prevede la sistematicamente rimozione di alcuni personaggi dai loro ruoli, a dispetto degli ottimi risultati ottenuti, il quadro è completo. Ci riferiamo alla scelta di affidare la panchina del Milan 2009/2010 al pur encomiabile Leonardo, che si era affermato come infallibile scopritore di talento (leggasi alle voci Kakà, Pato e Thiago Silva); scenario che dovrebbe ripetersi all'inizio del prossimo campionato con la nomina ad allenatore della prima squadra di Filippo Galli, uno degli artefici della rinascita del settore giovanile che si porta in dote una Coppa Italia Primavera che mancava da 25 anni e una sicura fase finale del campionato, che immaginiamo da indiscussi protagonisti.
La chiusura è dedicata inevitabilmente al vero deus ex machina, quel Silvio Berlusconi che ha sempre affermato come il Milan fosse soprattutto una questione di cuore; sicuramente un volano alle sue ambizioni di diventare una delle personalità più conosciute del pianeta, ma anche il motore di un progetto che ci ha portato ripetutamente in vetta all'Europa e sul tetto del mondo.
Entusiasmo, senso di appartenenza e competenza: quelli che erano dei punti cardine e rappresentavano la base fondamentale di questa incredibile avventura, oggi sono concetti che non appartengono più, né a Lei né ai suoi più stretti collaboratori. Lasciando spazio al distacco, all'improvvisazione e ad una comunicazione poco trasparente nei confronti dei tifosi e degli appassionati.

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