Fischi Donnarumma: diritti e doveri per i professionisti dello sport. Derby: decideranno gli attacchi
Vorrei chiudere qui la parentesi sulla vicenda “fischi a Donnarumma” prima di passare alla stretta attualità, al derby di sabato prossimo cioè. Volo sopra il dibattito già pubblicato da quotidiani, siti e web a proposito della libertà che il tifoso ha, all’interno di uno stadio, dopo aver pagato il biglietto, di esprimere un giudizio, personale o collettivo, stilistico persino, con un fischio o con un applauso. Libertà sacrosanta e perciò non discutibile. Sembra francamente un dibattito superato anche se non sono mancati i “sopracciò” in libertà vigilata abituati a fare i maestrini con i sentimenti degli altri. No, qui voglio porre una questione diversa che riguarda la professione del calciatore ad alto livello e dei relativi agenti. È vero: nella fattispecie ci troviamo di fronte a personaggi di discutibile cultura sportiva i quali pensano e immaginano che di qualunque loro comportamento non debbano mai rispondere in pubblico e che esistano soltanto diritti, dovuti alla popolarità e al talento, e non invece diritti temperati da doveri elementari.
E tra i doveri che un procuratore erudito, esperto da precedenti, deve conoscere c’è anche quello di dover rispondere di certe scelte. È successo di recente a Roberto Mancini, ct della Nazionale “fuggito” all’improvviso da Coverciano in Arabia Saudita per accettare un ricco contratto. L’opinione pubblica ha colto la motivazione (economica), non ha condiviso la comunicazione e di sicuro dovesse tornare in Italia sulla nuova panchina non sarebbe accolto dalla fanfara dei bersaglieri. Ecco il punto: se fuggi di notte, senza dare una spiegazione pubblica alle tue legittime scelte, non puoi pensare di avere diritto a una sorta di protezione a vita grazie al mantello della Nazionale. Per fortuna di noi tutti che abbiamo queste convinzioni è intervenuto Spalletti per mettere a tacere tutti, compresi Donnarumma e Frattesi. “Si sta zitti e si lavora” ha tuonato. Applausi.
Derby- Il Milan non arriva al derby secondo le attese. E non solo perché nel frattempo ha perso Tomori (colpa dell’inglese) per squalifica, Kalulu per accidente muscolare (durante la sosta a Milanello). Sabato non potrà contare nemmeno sul miglior Giroud a disposizione (frenato da una contusione alla caviglia “ammaccata” da Kim nella passata stagione). Non sono differenze di poco conto specialmente se si tiene conto che Stefano Pioli dovrà far giocare Kjaer che ha macinato qualche chilometro in Danimarca durante la sosta ma è reduce dalle sfide milanesi del primo semestre 2023 tutte di segno negativo, perdendo duelli puntuali con Dzeko e Lautaro. Questo significa che la difesa del Milan dovrà evitare qualsiasi errore o distrazione, specie su punizione e/o calci d’angolo che sono sempre stati l’asso nella manica di Simone Inzaghi. Poi il resto verrà deciso a centrocampo dove bisognerà avere il massimo del rendimento dal trio che ha debuttato nei primi tre turni. Alla fine, se paragoniamo, i due schieramenti troviamo questa sintesi: difesa (più forte quella interista), attacco (più forte quello milanista), centrocampo (quasi pari). La sintesi è la seguente: l’attacco rossonero può scolpire la differenza come avvenne nel derby di settembre 2022 grazie alle perfomance di Leao e Giroud.
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