Mercato 1 e Mercato 2. Eppure spende... Il fascino della negatività
Il calcio è uno sport molto, a volte forse troppo, emotivo. Le emozioni di pancia, gli sfoghi, gli strali. Tutte cose che ci stanno, siamo italiani, siamo calienti, siamo sud-europei focosi e appassionati. Ma perchè il Milan nel suo mercato estivo non dovesse restare dentro il suo progetto, pienamente nel vivo, faccio ancora fatica a capirlo. Potrà essere indigesto, ma sono sempre lo stesso, non cambio faccia e nemmeno pelle, dico oggi quello che dicevo all'inizio di questo mercato. La scorsa estate non potevamo fare tutto quello che c'era da fare e il disegno di una estate fa era da completare quest'anno. Come nella staffetta olimpica, ci si passa il testimone fra mani amiche, leali, compatte, tutte tese verso lo stesso obiettivo. Fatto. Tra mercato 1 dell'estate 2023 e mercato 2 dell'estate 2024, nel Milan ci sono 14 giocatori nuovi, tutti di proprietà del club con contratti pluriennali. Si tratta di Sportiello, Emerson Royal, Terraciano, Pavlovic, Jimenez, Fofana, Musah, Loftus Cheek, Rejinders, Chukwueze, Morata, Pulisic, Jovic e Okafor. Ai quali vanno aggiunti il rinnovo di contratto di Rafael Leao, prestiti molto azzeccati come quelli di Gabbia cresciuto al Villarreal, Saelemekers migliorato al Bologna e De Ketelaere rilanciato e riscattato a Bergamo. E già che ci siamo gli investimenti-rinnovo di Camarda e Zeroli.
E se c'è ancora chi pensa che il Milan non spende, perchè non abbastanza ossessionato dalla vittoria, andiamo a vedere il delta entrate/uscite degli ultimi due mercati estivi. Nelle uscite rientra anche il riscatto di De Ketelaere da parte dell’Atalanta nonostante il suo incasso effettivo arriverà a febbraio. In ogni caso, ad ora, dal giugno 2023 ad oggi, il Milan ha condotto operazioni in entrata per 193,5 milioni di euro ed ha condotto operazioni in uscita per 99,2 milioni di euro. Il differenziale è negativo per circa 100 milioni. Tra entrate e uscite non credo ci sia chi ha speso di più in Italia, ma non è questo il tema. Spendere non significa vincere. Spendi e poi devi lavorare. Spendi e poi devi fare di di tutto per mettere la squadra in condizione di arrivare al suo massimo. Spendi e te la giochi. Come certamente siamo chiamati a fare.
A proposito degli sfoghi, delle invettive delle settimane toste e dure di maggio, di giugno e di qualche periodo di luglio, faccio mio quello che accade negli Usa. Del resto il mood stelle e strisce non è certo estraneo al Milan di oggi. Sembra esserci ormai in Italia la sensazione che l'unico approccio giornalistico sia quello negativo, quello critico. Mentre quello di segno opposto, positivo, costruttivo, assolutamente minoritario peraltro, non sia giornalismo. Mi permetto di far notare che il giornalismo statunitense, nella sua accezione più pura, non considera giornalismo nè l'uno nè l'altro. Scegliere da che parte stare rispetto a cose che succedono e che tutti conoscono, non è necessariamente giornalismo. E' libera e legittima interpretazione, ma giornalismo, nella patria del Watergate, significa indagare, scavare, andare a fondo. Visto che parliamo di calcio e non siamo certo Woodward e Bernstein, probabilmente veniamo allora non da una estate di buoni e cattivi, ma per le percezioni del calciomercato milanista, da una estate che è stata per larga parte dominata da quella corrente che negli States definiscono "negativity bias", secondo la quale le cose di natura più negativa hanno un effetto maggiore rispetto alle cose neutre o positive. E' il trend di oggi, che riguarda tutto e tutti. Ma tutto il Milan come team, con Ibra come volto, ma con una squadra dirigenziale intensa, continua, professionale e determinata, ha saputo stare dentro l'occhio del ciclone con pazienza e senza nervosismi. Fino ad arrivare all'opposto della negativity bias, e cioè quella splendida visuale dei 54mila del Trofeo Silvio Berlusconi e dei 70mila di stasera. Che è qualcosa di grande, di grandissimo, anche in termini di responsabilità.
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