Unità di crisi: le responsabilità vanno divise e condivise. Gli orfani di Maldini. Da 10 anni paura del baratro. L’equivoco Ibra

Unità di crisi: le responsabilità vanno divise e condivise. Gli orfani di Maldini. Da 10 anni paura del baratro. L’equivoco Ibra MilanNews.it
venerdì 1 dicembre 2023, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Stefano Pioli è arrivato al Milan esattamente 4 anni fa: non ho mai smesso di pensare e credere che sia stata la persona giusta al posto giusto al momento giusto. Con il supporto decisivo della società (quando fece retromarcia su Ragnick), Paolo Maldini e Ibrahimovic, ha ridato dignità, senso di appartenenza e competitività a un ambiente che queste componenti aveva smarrito da anni, dal 2013 per la cronaca. I rossoneri sono tornati a giocarsela in campionato e in Europa. 

Il 2023 non è andato però in questa direzione. Dal giorno di quel maledetto 2-2 casalingo con la Roma, è stato uno sprofondo salvato solo da un cammino sorprendente in Champions (Zagabria, Salisburgo, Tottenham, Napoli: 6 partite consecutive prendendo un solo gol, ininfluente, a tempo scaduto dell’ultima) malamente interrotto in semifinale. L’insopportabile sequenza di derby persi in maniera sconcertante senza giocarne nemmeno uno all’altezza, è stata umiliante e destabilizzante. 

La società ha deciso di allontanare Paolo Maldini a giugno, affidando il mercato al capo scouting e all’AD che - non solo a mio avviso - hanno fatto un lavoro eccellente, acquistando giocatori di livello messi rapidamente a disposizione. È venuta a mancare una figura di riferimento, storica e carismatica, che aveva ascendente sulla squadra, supportava il lavoro quotidiano a Milanello e continuava il percorso di crescita dirigenziale. Era il garante del progetto, eppure da una bella fetta della tifoseria è stato messo alla gogna per il mercato 2022, le voci su Pirlo allenatore, i mancati rinnovi del turco e di Kessie per non parlare della lentezza di quello a Leao. Così gira il vento, tra i suoi molti orfani e vedove di questi giorni. 

Ho detto e scritto di Paolo, non essendo mai obiettivo parlando di lui per stima, rispetto e conoscenza: è un uomo con la schiena dritta, valori forti e la testa dura. Moralmente irreprensibile. Lui ha fatto la scelta di pungolare continuamente la proprietà, la proprietà ha fatto la scelta di non sopportarlo. Il milanismo si è impoverito, il progetto (che continua a vertere sullo stadio senza abbandonare i risultati) sta proseguendo con una malinconia che la bella partenza in campionato e in Champions pareva lenire. Però, ho già detto e scritto molte volte che il mondo del calcio italiano oggi è questo e non mi interessa di essere tacciato di aziendalismo se penso, credo fortemente e sostengo che la proprietà rossonera sia la migliore straniera in serie A. Con tutti gli eventuali limiti di conoscenza, esperienza, vicinanza. Così funziona e a questo bisogna adeguarsi. 

Da ottobre, in un solo mese tutto sembra perduto, pur non essendolo affatto. Aleggia ora il totem Ibra sul quale mi pare non molti abbiano le idee chiare: se pensate che torni per fare la spia, per cacciare questo e quello, per aprire il confessionale, ebbene siete fuori strada. Conoscere Ibra vuol dire sapere che accetterà solo un ruolo operativo, di responsabilità, che sia all’interno del club o di RedBird. Insomma una figura di spicco e di riferimento. L’equivoco sul suo ruolo e sulle sue mansioni proseguirà fino a quando non saranno acclarati. 

La gente che vive di Milan non può non avere paura del baratro, da 10 anni ad oggi, avendo camminato per 6 di questi sul ciglio del burrone. Nonostante il ritorno in Champions, un secondo posto, uno scudetto, una semifinale europea, ogniqualvolta si spegne la luce torna il terrore dei fantasmi. È umano e fisiologico, perché il tifoso ragiona di pancia sul momento e non è tenuto a farlo di testa analizzando lo scenario. 

Semmai, siamo noi che il Milan raccontiamo ad avere l’obbligo di dire le cose come stanno. E come stanno le cose è drammaticamente evidente: una squadra costruita in estate con un esborso di oltre 100 milioni, si è dissolta scomparendo tra infermerie, stampelle e sale operatorie. È una colpa, non è un alibi. Sono una trentina le persone che lavorano tra preparazione, fisioterapia, staff tecnico e medico. Non vivo la quotidianità, ma è certo che la comunicazione continua, dettagliata, maniacale debba stare alla base del funzionamento di una macchina così imponente. Non si spiega questa ecatombe che sta alla base del crollo tra ottobre e novembre, non si spiega cosa debba cambiare, non si spiega come si possa e si debba interrompere una volta per tutte. 

Ogni componente del Milan, compresi persino quelli che - come me - lo raccontano, deve assumersi la responsabilità di dire le cose come stanno o di farle nuovamente funzionare.  Sfortunatamente in tema di infortuni non so che dire, nemmeno riguardo alla preparazione se non che - accorgendosi che qualcosa non andasse in quel senso - i giocatori per primi contesterebbero i metodi. E questo non mi risulta stia avvenendo. 

Infine, l’allenatore. I risultati del 2023 sono deludenti, gli sprazzi sono stati purtroppo oscurati da dolorose bastonate. Ultimamente il trend è ai minimi termini, i Casciavit hanno posto l’accento su un dato in particolare: nelle ultime 7 partite (5 di campionato e 2 di Champions) il Milan ha realizzato 7 gol subendone 2 nei primi tempi, ne ha segnato 1 subendone 8 nei secondi tempi. Questione atletica o di testa? Di testa, dice Pioli, ma in ogni caso sta a lui affrontare e risolvere la questione. Perché di sconcertante quest’anno oltre alle infinite assenze ci sono le presenze, troppo spesso incapaci di cambiare la rotta.