...Pazzo o ingrato, Antonio Cassano delude ancora

...Pazzo o ingrato, Antonio Cassano delude ancoraMilanNews.it
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
martedì 21 agosto 2012, 17:15Focus On...
di Emiliano Cuppone

Il momento è arrivato, si sentono già in lontananza le sirene dall’ambulanza che si fanno largo nel traffico del centro milanese, la chiamata è arrivata dal diretto interessato, ha chiesto di essere internato qualora avesse fatto un passo come questo, la camicia di forza è già pronta, mura bianche ed ovattate per non continuare a farsi del male.
Antonio Cassano ha deciso di dare un altro strappo alla carriera, nonostante avesse giurato di essere arrivato alla sua ultima tappa, di trovarsi in cima, ammettendo che qualsiasi cambiamento avrebbe rappresentato una caduta di stile, lasciare il club più titolato al mondo per lui non aveva senso (non l’avesse dichiarato non saremmo qui a scriverlo), eppure a distanza di un anno e mezzo, uno scudetto, una supercoppa ed una disavventura che ti segna, il barese fa il passo che nessuno si sarebbe aspettato.
Avremmo potuto accettare un ritorno alla Sampdoria, questioni di cuore, ma passare all’Inter in questa maniera proprio no. Le cessioni di Thiago Silva ed Ibrahimovic, che tanto sembrano aver turbato FantAntonio, appaiono poco più di un pretesto, il ragazzo di Bari Vecchia ha palesato il suo malumore già dal ritiro della Nazionale forse prendendo spunto dalle trattative di mercato, ma ci sembra che ci sia qualcos’altro.
Qualcuno dice che l’Inter fosse nel suo cuore sin da quand’era bambino, che Stramaccioni l’ha rapito (eppure non che la sua Inter abbia fatto faville, anzi…), che qualcosa non andasse con Allegri, che non si sentisse protagonista al Milan. Eppure Cassano è sempre stato protagonista alle dipendenze del livornese, praticamente sempre titolare fisso, pedina inamovibile, anche quand’è arrivato con qualche chilo di troppo, anche quando è rientrato dal lungo stop, spedito in campo da subito con tutta la fiducia che il Conte Max ha riposto in lui.
C’è chi lo chiama traditore, chi è indignato dal salto del Naviglio, noi semplicemente vogliamo sottolineare l’ingratitudine di un giocatore che arrivato in rossonero quando il mondo del calcio l’aveva scaricato, bollato come ingestibile, che l’ha rigenerato, per poi vederlo cadere in quell’incubo che l’ha avvolto in ottobre a Roma, che l’ha atteso di nuovo, con pazienza, con fiducia, che l’ha coccolato, atteso, che l’ha preso per mano e portato all’Europeo per poi vederselo tornare imbronciato e scontroso.
Il suo procuratore ha riferito che il barese a tempo debito renderà note le motivazioni della sua scelta, noi non abbiamo neanche bisogno di ascoltarle, qualunque esse siano comunque non ci potranno togliere dalla testa che il barese non abbia avuto gratitudine nei confronti di una società che per lui ha fatto di tutto e di più.
Antonio Cassano ha scelto, ha sposato il “progetto” nerazzurro, fatto di un allenatore giovane (che ancora non ha dimostrato nulla) e di Europa League, ha rinunciato alla Champions, alla società che l’ha coccolato più di qualsiasi altra, che l’ha messo al centro del nuovo progetto (più o meno ridimensionato che sia), ha scelto di passare ai rivali di sempre ed addirittura sarebbe pronto ad accettare anche la panchina.
Un dubbio ci viene, quello che la motivazione di fondo sia di carattere economico, che il ragazzo abbia fiutato la possibilità di strappare un ultimo contratto importante, un triennale con stipendio maggiorato, seppur non in maniera impressionante. Conscio che al diavolo il suo contratto sarebbe andato in scadenza nel 2014, che l’avrebbe atteso la politica del rinnovo annuale, magari con una graduale diminuzione del compenso (un po’ come accaduto con tutti i senatori rossoneri in passato).
Antonio Cassano ha scelto, avrà i suoi motivi, che siano buoni ne dubitiamo, ma sono comunque i suoi, quello che è certo è che se non avesse fatto quelle dichiarazioni a suo tempo non saremmo qui a criticarlo, consci che il ragazzo è uno zingaro del pallone, una testa matta capace di sorprendere tutti, ma questa volta ci eravamo fidati, avevamo creduto in una maturazione che forse non c’è stata e non ci sarà mai.

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