Albertini: "Nessun rancore con Ancelotti. Vi racconto il mio esordio con il Milan..."

Demetrio Albertini, ex centrocampista del Milan, ha parlato in occasione di una diretta su Instagram insieme al giornalista Carlo Pellegatti.
Sul 3-0 al Monaco in semifinale di Coppa dei Campioni del 27/04/1994 con l'amarezza delle squalifiche di Costacurta e Baresi: "Fu una partita drammatica, in un certo senso, perchè perdiamo due pedine importanti per la finale, come Baresi e Costacurta. Bisogna ricordare che era la prima semifinale in cui si giocava una partita secca. Giocavamo a San Siro perchè ci eravamo qualificati primi ed eravamo favoriti. A fine primo tempo, sopra 1-0, ma in dieci contro undici e con due squalifiche già sicure, era un momento abbastanza delicato. Capita una punizione impossibile - a me da giovane facevano tirare solo quelle da lontano - e quel gol lo ricordo come una delle emozioni più importanti che ho vissuto. Non sono mai stato un grande goleador, più un assistman".
Sulla doppietta contro il Barcellona nel 2000-2001: "E' stato uno dei momenti più importanti nella mia carriera. Con il Milan son stato in panchina cinque volte per scelta tecnica, nell'anno prima dell'Europeo. Quindi la stagione successiva avevo un sussulto di rivalsa dopo l'Europeo e mi capita un mezzo anno fino a dicembre in cui ci sono tante delle partite più belle che io ricordi, perchè avevo raggiunto la maturità sia tecnica che come uomo. Tra queste c'è anche quella con il Barcellona, in cui era un momento di ricostruzione ed eravamo sotto 0-1 a San Siro. In quell'occasione, dalla disperazione o quasi, tiro da quasi 40 metri e mi ritrovo a calciare con grande fiducia e parte un tiro meraviglioso dritto per dritto che si insacca. Quella è anche una delle partite in cui faccio più tunnel, mi riusciva tutto facile".
Sul debutto con il Milan e sul commento estasiato di Berlusconi: "Come si fa a non ricordare l'esordio nella tua squadra del cuore, che andavi in curva a tifare e in cui sei cresciuto nel settore giovanile? E' impossibile. Ero andato in panchina fino ad allora e avevo solo 17 anni. Dopo il 3-0 contro il Como mi dicevo: 'Se Virdis segna il rigore del 4-0, entro io'. E' così è successo, sono uscito dalla buca e ho guardato San Siro, che era un po' avvolto dalla nebbia per scaldarmi. Quando Arrigo mi chiama per entrare e mi dà le ultime indicazioni per entrare, entro ed ero talmente giovane e entusiasta che andavo a 2000 all'ora e dopo 2 minuti non ne avevo più. Mi ricordo anche un episodio, una punizione a nostro favore in cui ci siamo messi in due per allungarla. Io vado da una parte, l'altro si apre per far passare il tiro e io mi trovo per terra, perchè Invernizzi mi aveva fatto lo sgambetto e mi aveva detto: 'Ragazzino, non venire a rompere le balle qui, perchè siamo già 4-0'. Mi ricordo anche un tifoso fuori dallo stadio cosa mi ha detto dopo la partita: 'Ne ho visti tanti esordire, ma tanti si sono persi'. Io ero con i miei genitori che stavo festeggiando per l'esordio".
Sul soprannome 'metronomo': "Sei stato tu quello che mi ha dato il soprannome e tutto il mondo mi chiama così ancora oggi".
Se Ancelotti lo saluta ancora quando lo vede: "Assolutamente sì. E' successa la stessa cosa anche con il Milan, nelle vesti di Adriano Galliani, perchè nella vita se ci pensiamo ci ricordiamo sempre la cosa negativa che fa rompere qualcosa e ci si scorda delle cose belle che uno ha vissuto. Invece io, anche nel caso di Carlo - che è stato il mio maestro in campo, perchè mi aiutava tantissimo durante gli allenamenti - lo ringrazio nonostante tutto. Poi dovreste chiedere più a lui che a me se è ancora arrabbiato con me, visto che gli ho soffiato io il posto di titolare (sorride, ndr). La sofferenza passa, l'aver sofferto mai. Se io penso al momento quando sono andato via dal Milan con Ancelotti allenatore, l'ho vissuto male, ma poi passa. Come si fa a dimenticarsi tutto quello che ho passato con le persone del Milan. Sarebbe una bestemmia pensare di tagliare i ponti perchè c'è stato un momento complicato".
Su Sacchi e Capello: "Sono la sintesi della mia carriera. Io dico sempre che Sacchi mi ha preso come calciatore e mi ha fatto diventare giocatore di calcio. Il calciatore calcia bene il pallone, il giocatore di calcio gioca con la squadra. Capello è stato quello che ha avuto il coraggio di mettermi titolare e di farmi giocare in una squadra di quel livello per tanti anni. Hanno creduto entrambi in me e mi hanno insegnato tanto per quanto riguarda la gestione della professione. Arrigo ripete spesso che io sono sempre stato l'unico che ha voluto lavorare con lui dopo la carriera da giocatore. Io distinguo gli allenatori in due categorie: quelli che insegnano e quelli che gestiscono".
Sul segreto del Milan degli Invincibili: "Non accontentarsi mai e un senso di appartenenza incredibile. Alcuni allenatori mi hanno insegnato che nel calcio tutto è contagioso, sia nella negatività che nella positività. Io ho sempre sognato di finire la mia carriera al Milan, ma se dovessi tornare indietro rifarei la carriera che ho fatto, perchè ho fatto altre esperienze e ho un panorama diverso. Il senso di appartenenza in quel Milan era contagioso, perchè la gente che arrivava vedeva un gruppo di gente di Milano, professionale, e chi arrivava si adeguava oppure andava via. Lo spogliatoio, senza togliere nulla ad Adriano Galliani, si reggeva da solo. Lui veniva a Milanello solo per mangiare con il presidente Berlusconi. La forza arrivava da ciò che mi hanno trasmesso tutti i maestri: da Baresi, a Tassotti, Galli, Evani e tutti gli altri".
Sul gol contro la Juventus e l'esultanza sotto alla curva: "Andavo poche volte sotto la curva dopo un gol, perchè facevo gol al massimo da lontano e poi correvo verso il centrocampo. La mattina della partita con la Juve, arriva mister Capello che mi dice che avrebbe giocato Laudrup, dopo che ero stato provato titolare sempre tutta la settimana. Non l'ho presa bene. Al pomeriggio alle 17 ci alziamo e Laudrup era indisponibile e Capello viene da me e mi dice che avrei giocato io. Mi capita quel gol di testa in mezzo a Kohler e Julio Cesar di testa, unico gol di testa della mia carriera".
Sul 4-0 al Barcellona in finale di Coppa dei Campioni ad Atene nel 1994: "Sicuramente dopo aver vinto il campionato, abbiamo costruito la difesa in due settimane, perchè mancavano i due difensori centrali. Si è provato anche Desailly come centrale, che lì non voleva giocare, e abbiamo perso a Firenze. Ricordo un incidente, che è dispiaciuto tanto, che è stata la rottura del tendine d'Achille di Eranio, che perse Mondiale e finale di Coppa dei Campioni. Prima della partita Cruijff era baldanzoso. Il giorno della partita prendiamo i giornali in mano e vediamo sul Mundo Deportivo la foto di Cruijff con la coppa in mano. Nel tunnel degli spogliatoi gli spagnoli erano presuntuosi, quasi tutti più bassi di me. Io nella nostra squadra avevo solo Donadoni più basso di me, alto più o meno come me. Dentro di me ho pensato: 'Minimo se la devono sudare fisicamente'. Invece poi abbiamo fatto la partita perfetta ed è andato benissimo".
Sul Milan 1995-1996: "Era la squadra 'prendi la palla, buttala avanti e si arrangiano', perchè avevi talmente tanto talento davanti che tu dovevi fare solo bene la fase difensiva. Non so come abbia fatto Capello a gestire un gruppo di calciatori con quel talento tutti nella stessa zona del campo".
Sulla vittoria dello Scudetto del 1999: "Arrivavamo da due anni pessimi. Il primo anno è stato l'abbandono della vecchia guardia, perchè si son ritirati Baresi e Tassotti e Filippo Galli era appena andato via. Il secondo anno è stato quello della legge Bosman, che apriva agli stranieri, che non sono riusciti ad inserirsi nel contesto di appartenenza rossonera di cui parlavo prima. Quello con Zac è stato un momento di ricostruzione, con un cambio di filosofia rispetto al passato. Qualche partita l'abbiamo vinta anche con fortuna, non è che facevamo sempre un calcio meraviglioso. Ci siamo ritrovati a 7 giornate dalla fine e la scintilla avviene a Milan-Sampdoria. Montella e un altro giocatore della Sampdoria si ritrovano davanti ad Abbiati al 90° e sprecano un'occasione 2 contro 1 sul 2-2. Poi cambio di fronte e calcio d'angolo per noi. Possiamo fargli fare tutto a Massimo, ma non battere le punizioni. Batte un calcio d'angolo lento, sbaglia il portiere ad uscire, arriva il pallone a Ganz, la devia Castellini con la mano e va dentro. Era un segnale e l'abbiamo interpretato così".

Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 8/08 del 22/04/2008
Partita IVA 01488100510 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
Direttore editoriale e responsabile: Antonio Vitiello
© 2025 milannews.it - Tutti i diritti riservati

Sito non ufficiale, non autorizzato o connesso ad A.C. Milan