Gallo su Allegri e Conte in vista di domenica: "Combattono la diffidenza"

Nel corso del consueto appuntamento con il suo commento per Il Corriere dello Sport, Massimiliano Gallo ha presentato l'importante e suggestiva sfida di domenica tra Milan e Napoli compiendo un focus sui due allenatori, Massimiliano Allegri e Antonio Conte, che a detta sua "Combattono la diffidenza":
"In qualsiasi altro Paese sarebbero considerati due intoccabili: patrimonio nazionale dello sport, non solo del calcio. Undici scudetti in due. Principali testimoni della luminosa staffetta juventina targata Andrea Agnelli: otto dei nove tricolori appartengono a loro. In Italia, si sa, uno degli sport nazionali più in voga è giocare a sminuire i nostri fuoriclasse. Se non a distruggerli. E nel mondo del pallone, vittima di una narrazione e una concezione calcistica lunare, i due sono stati spesso accompagnati da mormorii, mugugni, fino a critiche dal sapore di condanna. E il motivo è più o meno simile: il modello di gioco che gli esperti definiscono conservativo, retrò, trovate voi il termine. Il destino però si diverte. E Massimiliano Allegri e Antonio Conte si ritrovano uno contro l’altro dodici anni dopo, proprio nel momento in cui l’universo calcistico è scosso da quello che il Telegraph ha definito un vero e proprio tradimento culturale.
Ossia l’italianizzazione di Guardiola che ha cominciato scegliendo Donnarumma portiere che addirittura para con le mani. E ha proseguito. Contro l’Arsenal non solo ha piazzato l’autobus ma ha fatto registrare il possesso palla più basso della sua avventura al City (33%). In più ha scoperto che giocando di rimessa, Haaland ha più chance di incidere e di segnare (Athletic, il giornale sportivo del New York Times, ha dedicato al tema una lunga analisi). È così tornato d’attualità quel celebre verso di “Eskimo” di Guccini: «Tu giri adesso con le tette a vento, io ci giravo già vent’anni fa». Il calcio è l’unico sport in cui l’arte di difendersi ha una connotazione negativa. È considerata quasi un’onta. Potremmo perderci in mille esempi tra scherma, scacchi, tennis, pallavolo dove il muro è elemento cardine del gioco. E tanti altri. Evitiamo. Nel calcio, invece, saper difendersi equivale alla lettera scarlatta. È un marchio d’infamia.
Allegri, da buon livornese, ha sfidato a viso aperto questa narrazione che in parte lo ha travolto. I suoi detrattori hanno festeggiato sghignazzando quando è finito ai margini. E adesso, senza vergogna, provano ad affermare il principio che Max si è evoluto, ha studiato, si è aggiornato. La versione contemporanea di “Oggi le comiche”. Conte ha un approccio diverso. Non si è mai intestato questa battaglia culturale. Anzi, ha sempre respinto energicamente l’etichetta di allenatore difensivista. Non sostiene, a differenza di Max, che il calcio sia semplice e sia sempre uguale a sé stesso. Eppure ha egualmente dovuto affrontare molte diffidenze. Prima di tornare a Napoli era considerato un tecnico superato. Solo perché al Tottenham non era riuscito a vincere. Anche a Napoli ha dovuto fronteggiare non poche critiche. Il successo lava via tutto ma la settimana prima dello scudetto, dopo il 2-2 a Parma, a un giornalista che si lamentava dell’eccessiva sofferenza rispose così: «Cazzo, vuoi pure non soffrire? Se non volete neanche soffrire, mi arrendo, questa piazza è troppo per me». La realtà è che sono due profondi conoscitori di calcio. Due grandissimi allenatori. Molto stimati e invidiati all’estero: l’ultima Premier il Chelsea l’ha vinta con Conte; Allegri invece non se l’è mai sentita di misurarsi con un altro campionato: è arrivato addirittura a rifiutare il Real Madrid. In Italia sono costretti a dimostrare ogni settimana di essere i migliori. E il bello è che ci riescono quasi sempre".

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