Come Silvio Berlusconi nessuno mai. Ha fatto grande il Milan diventando il Presidente più grande nella storia del calcio

Innovatore. Visionario. Controverso. Vincente. Discusso. Uno, nessuno, centomila. La fenomenologia di Silvio Berlusconi da Milano, nato il ventinove settembre, 'guardavo il mondo che, girava intorno a me', non può scindere l'uno dall'altro il ritratto dell'imprenditore, del politico, del Presidente. Le discese in campo e le salite sul tetto del mondo del calcio, le televisioni private e le inchieste, Forza Italia e la Presidenza del Monza, Arcore e Ruby, Arrigo Sacchi e Niccolò Ghedini, 'mi consenta' e un milione di posti di lavoro, Adriano Galliani e l'editto bulgaro. Se n'è andato un pezzo di storia d'Italia, oggi. Se n'è andato un pezzo della nostra cultura, della controcultura, quello che El Pais ebbe modo di dipingere come il più grande Presidente della storia del pallone Mondiale. Oltre Santiago Bernabeu, e più avanti non andiamo.
La storia del calcio
Silvio Berlusconi del calcio non ha solo scritto la storia ma l'ha pensata, l'ha voluta, l'ha conquistata, l'ha disegnata. Trentuno anni da Presidente del Milan, salvato, rialzato, portato a diventare un'icona del football globale. Cinque Champions vinte non sono abbastanza anche se raccontano il salto in avanti del pallone italiano, divenuto con lui più che con ogni altro, e dire che la Serie A di campioni ne ha albergati, l'Himalaya da raggiungere una volta nella vita. La leggenda, e poi la storia, raccontano che proverà prima di Ernesto Pellegrini a prendersi l'Inter ma diviene poi, presto, numero uno del Milan. E uscirà allo scoperto nel dicembre del 1985, poco prima di Natale. Come in un film, come su un copione, tutto studiato, voluto, programmato, ambito, desiderato. Il percorso per la firma sarà tortuoso, il 10 febbraio del 1986 pagherà il Milan 6 miliardi di lire per la maggioranza azionaria e il resto è una bacheca scintillante e una dinastia di campioni che resterà sempiterna nella memoria di tutti noi. E la nostalgia canaglia del pallone, dopo l'addio al rossonero, l'ha fatto ripartire al fianco dell'amico Condor da Monza, una piccola grande scalata, il suo piccolo grande sogno.
Come lui nessuno mai.
Perché mai come lui, in passato e chissà per quanto in futuro, vincerà al Milan. Ventisei trofei da Presidente, tre da vicepresidente vicario. Il Cavaliere spenderà quasi un miliardo di euro per le sue brame rossonere, per veder brillare a San Siro l'oro lucente dei Palloni vinti da Ruud Gullit, da Marco van Basten, e tre son stati fin pochi per il Cigno, da George Weah, da Andriy Shevchenko e da Ricardo Kakà. Scontri e liti, il grido 'attaccare' a Filippo Inzaghi, le accuse ad Ancelotti per lo Scudetto perso, il rapporto con Sacchi, la verità è che Berlusconi si è sentito sempre l'allenatore in pectore del Milan. Padre padrone, decisionista, umorista, la sua vita è una lunga serie di curve a gomito verso la vetta, ori, allori, dolori, cadute, ma sempre e comunque un'irripetibile fetta dei nostri tempi italiani. Che ha scritto la storia, nel calcio e anche grazie al suo amato pallone. Un trofeo dopo l'altro, una frase, un campione, una Champions. "L''Italia all'estero era conosciuta per la pizza, la pasta, per Sofia Loren e il Papa. Ma ad un certo punto, il Milan era il primo di questa simpatica lista". Firmato, Silvio Berlusconi.

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