Kjaer: "Con Allegri è tornato il vero Milan, lo scudetto è possibile. Gabbia è il mio erede"
Simon Kjaer, ex difensore rossonero, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport nella quale ha parlato ovviamente anche del momento del Milan, che è rinato dopo l'ultima deludente stagione: "Cos'è successo l'anno scorso? Per me ci sono stati troppi cambi. A tutti i livelli. Non dico di più perché dovrei parlare di cose che so dai miei amici, e sono questioni riservate. Certo, sono stato male come tutti i tifosi e ora sto molto meglio. Com’è il Milan di Allegri? È tornato a essere il Milan. Se porti Modric e Rabiot, torni ad avere esperienza… e l’esperienza è una delle cose più sottovalutate oggi. Per me può vincere lo scudetto perché ha un allenatore giusto. Adesso sai chi comanda. Lo scorso anno, non lo so".
GABBIA E LEAO - Il danese si è poi soffermato anche su due giocatori del Milan, cioè Matteo Gabbia e Rafael Leao: "Se Gabbia è il mio erede? Sì, gli voglio bene. Difficile trovare un giocatore più professionale: è pronto a sacrificarsi per il Milan. Leao? Ha senso chiedergli ancora di essere più continuo, glielo chiedo anche io. Rafa può essere uno dei migliori al mondo. Se solo imparasse un po’ da Gabbia… Dembélé ha vinto il Pallone d’oro e Rafa può essere allo stesso livello. Deve sviluppare un 1% al giorno. Per me non è capace di farlo da solo, pochi riescono da soli. Ha bisogno di un allenatore e una società che lo aiutino. Ha 26 anni e a 29 sarà troppo tardi: o ora o non ci arriva. Ci sono tante persone sulle sue spalle e non è facile".
L'ADDIO AL MILAN - In merito all'addio al Milan e al calcio giocato nel 2024, Kjaer ha rivelato: "Ho saputo che il Milan non mi avrebbe rinnovato a settembre 2023. Allora ho cominciato a pensare a quali condizioni volessi. Ho avuto un paio di possibilità ma ho capito che avrei dovuto fare compromessi. E con mia moglie ho deciso che, su queste cose, i compromessi non si fanno. Che offerte sono arrivate? Tante, qualcuna in Champions tra Danimarca, Belgio e Olanda. Ma nessuna è stata vicina al sì. Smettere è stato difficile ma la mia scelta non è stata da un mese all’altro e questo aiuta. Certo, mi mancano gli amici e i compagni. Siamo rimasti a vivere in Italia perché rimanere a vivere in Italia? Perché qui stiamo bene. Io ho smesso per i bambini, per portarli a calcio e stare con loro. Finora ho perso più della metà della loro vita".

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