Mentre la Premier spende più di tutti i campionati messi insieme, in Italia si discute di chi è presente o meno allo stadio: è lo specchio di un movimento calcistico destinato a scomparire

Mentre la Premier spende più di tutti i campionati messi insieme, in Italia si discute di chi è presente o meno allo stadio: è lo specchio di un movimento calcistico destinato a scomparireMilanNews.it
© foto di Federico De Luca
venerdì 20 gennaio 2023, 20:00Primo Piano
di Manuel Del Vecchio

C'è un enorme divario tra le spese fatte in questa sessione di mercato di riparazione tra i cinque top campionati europei. Comanda, senza nessun tipo di sorpresa, la Premier League. Ad oggi sono 320 i milioni di euro spesi in affari fatti ed ufficiali. Al secondo posto La Liga con 19 milioni di euro spesi. Terzo gradino del podio per la Bundesliga, con un saldo di 16.9 milioni di euro. Seguono Ligue 1 e Serie A, rispettivamente con 10.6 milioni e 6.7 milioni di euro.

È evidente come le squadre inglesi, dal punto di vista economico e della possibilità di spesa, facciano un campionato a parte. Questi numeri, gonfiati soprattutto dagli acquisti del Chelsea (Mudryk, Badiashile, Madueke, Joao Felix), Arsenal (Trossard), Liverpool (Gakpo), rendono al limite dell'impossibile tenere il passo con questo movimento che negli anni ha avuto sicuramente il merito di prendere scelte giuste, che hanno attratto investitori e di conseguenza vagonate di soldi. 

La realtà quindi ci dice che i top club inglesi cannibalizzano il mercato di profili più o meno "big": quando si vede un talento emergente fare cose interessanti il primo pensiero è sempre lo stesso: "È roba da Premier League". Nel recente passato, nonostante i mezzi a disposizione fossero già su due pianeti diversi, un club non inglese con una buona rete di scouting e un progetto "serio" riusciva a tirar fuori dalla marea di talenti grezzi per il mondo giocatori che di lì a poco (1-2 stagioni) sarebbero diventati calciatori di livello. Ora anche questo mercato è letteralmente dominato dalle medio piccole (ma solo per la classifica, non di certo per la possibilità di manovra sul mercato) che fanno man bassa di giocatori in rampa di lancio, andando a "rubare" il target a club anche di medio-alta fascia di altri campionati. Si veda il Leeds che tra estate e gennaio si è portato a casa Sinisterra, Gnonto, Aaronson e pochi giorni fa ha speso circa 40 milioni di euro per il ventenne Rutter dell'Hoffenheim. Senza dimenticare il duello in estate con il Milan per De Ketelaere. Si pensi al Nottingham Forest neopromosso, che in estate ha raggiunto i 150 milioni di spesa e pochi giorni fa ha ufficializzato l'arrivo dal Palmeiras del centrocampista classe 2001 Danilo, in passato seguito anche dai rossoneri. Il tutto è reso ancora "più facile" dal sistema fiscale inglese, che permette ai club di spalmare l'ammortamento a bilancio su più anni rispetto al resto dei paesi europei: si vedano i contratti da 8 anni e mezzo di Mudryk e compagni.

Che sia chiaro, non è un puntare il dito fine a se stesso, come per dire che un calciatore giovane debba rifiutare un ingaggio molto più alto della media per andare a giocare in quello che attualmente è il miglior campionato al mondo per strutture, diffusione mondiale e spettacolo offerto. È semplicemente prendere atto di come al giorno d'oggi fare mercato sia più complicato che mai. 

Come si esce da questo circolo vizioso che favorisce solo una delle tanti parti in gioco (da sottolineare sempre come questa parte sia arrivata con merito a questo tipo di situazione con scelte e investimenti giusti)? Di certo non con un'altra Super Lega, che calpesta le basi del merito sportivo. Ma qualcosa va fatto, e alla svelta. La Serie A risulta essere indietro anni luce rispetto alla Premier League, il campionato di calcio più seguito e venduto al mondo. Ma non si tratta di una lamentela, bensì di un'amara considerazione. Ma fare discorsi del genere in un paese in cui il massimo del discorso sportivo si basa sulla polemica della presenza o meno dell'azionista di maggioranza di un club alle partite, dando l'ennesima riprova di essere ancorati ad un sistema calcio che non solo non esiste più e non è più attuabile, ma che se inseguito (senza mai la possibilità di arrivare al dunque), non farà altro che aumentare il divario, è quasi utopia.

I famosi stadi di proprietà, ormai una chimera per la maggior parte delle squadre italiane, fanno assolutamente la differenza, soprattutto nel lungo periodo. E fanno la differenza anche gli introiti derivanti dai diritti TV: in Italia la squadra che arriva prima in classifica prende meno dell'ultima di Premier League. Dall'entrata in scena poi dei famosi petrodollari diversi anni fa, con sceicchi e veri e propri "club stato" che hanno drogato il mercato iniettando ingenti somme di denaro nel sistema calcio, aggirando un FFP severo con pochi e indulgente con molti, la situazione è andata sempre più delineandosi verso lo scenario che si sta vivendo nelle ultime estati: il potere d'acquisto di tutti club di Premier League è gargantuesco, lasciando briciole ed idee agli altri. Anzi, neanche più le idee, visto che ormai chi "ha i soldi" si è inserito anche in quel frammento di mercato. Per gli altri rimangono le briciole. Per ora.