Milan, il tuo punto debole è la panchina corta: ecco dove serve intervenire

Un po’ tutto e il contrario di tutto. Ecco cosa fa pensare il Milan di sé stesso, capace di vincere (o meglio, stravincere), dominare e dettare legge sul campo del Napoli tritatutto, salvo poi impantanarsi contro un Empoli tutt’altro che irresistibile, ma che ha resistito ai colpi rossoneri. Il tabellino a fine gara ha contato 23 tiri verso la porta di Perisan, di cui soltanto 4 nello specchio. Praticamente 1 su 6, mentre l’Empoli ha centrato lo specchio 1 volta arrivando al tiro in 2 occasioni. Ovviamente questi numeri, da soli, non raccontano la pericolosità dei tiri sopracitati (né di quelli verso la porta, né di quelli nello specchio), ma pensare che di 23 tiri non ne sia entrato in porta nemmeno uno deve portare a fare delle riflessioni importanti riguardo alla gestione della rosa non tanto per l’immediato (perché ormai i giocatori in squadra questi sono e questi rimarranno), quanto per la prossima stagione, affinché i limiti palesati quest’anno possano venire colmati e archiviati.
UNA ROSA TROPPO CORTA
Non vi è dubbio che il Milan si aspettasse di più da alcuni dei propri giocatori. Il grande assente tra i giocatori già in squadra prima di questa estate è sicuramente Ante Rebic: il croato, da sempre altalenante e discontinuo ma sempre presente e anche decisivo nelle seconde metà stagionali, da due stagioni si è spento, adombrato dall’esplosione iniziale di Leao e incapace di reagire e riprendersi il posto nel periodo di appannaggio del portoghese. Spesso inguaiato a livello fisico con infortuni che ne minano la disponibilità, l’apporto dell’esterno ex Eintracht e Fiorentina è stato molto (forse troppo) esiguo per credere di venire riconfermato l’anno prossimo. Accanto a lui, a deludere quest’anno è senza dubbio Divock Origi, arrivato dal Liverpool rivendicando una titolarità che sembrava pronto a prendersi, a 28 anni e senza mostri sacri come Firmino e Darwin Nunez davanti a sé. Invece tra infortuni a ripetizione e prestazioni ben lontane dal dare un contributo effettivo alla squadra, il belga è una delle delusioni più cocenti del mercato estivo scorso. A loro, inutile dirlo, si aggiunge anche Bakayoko: giocatore in prestito e totalmente fuori dal progetto tecnico rossonero, impiegato tre volte per un minutaggio complessivo di nemmeno un tempo di gioco (38 minuti). Se Pioli a centrocampo ha avuto bisogno di qualcuno, quel qualcuno non è stato di sicuro il mediano di proprietà del Chelsea.
RISORSE MAL (MAI?) IMPIEGATE
Oltre a loro, ecco De Ketelaere, ma anche Vranckx, Adli e Pobega: se per CDK varrebbe la pena dedicare un discorso a sé, data la portata economica dell’investimento, del tipo di pressioni a cui è sottoposto il ragazzo e dalla poca continuità d’impiego riservatagli, si fa fatica a capire i perché, invece, giocatori che hanno mostrato lampi di qualità come Adli e Vranckx abbiano trovato poco il campo. Anche Pobega, un po’ più considerato di loro due, non è stato chissà quanto (7 presenze da titolare su 14 totali, per un totale di 659 minuti giocati, equivalenti a poco più di 7 partite intere). Al netto del fattore Zlatan, considerato una riserva di lusso (e quindi un “extra” che fa comodo, ma che extra rimane), il Milan si ritrova una panchina dalla quale non ha potuto contare su 3 centrocampisti, 1 esterno offensivo e 1 attaccante. Sarà lì che dovrà concentrarsi il focus di Maldini e Massara per fornire al Milan del 2023-24 una profondità tale da renderlo competitivo su tutti i fronti e per tutta la durata della stagione. E per evitare un’altra stagione a singhiozzo, che frustra animi e sentimenti di ambiente, tifosi e sicuramente anche degli addetti ai lavori.
di Luca Vendrame

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