Arbitri e infortuni, nessun lamento. Dall'Inter esempi europei. Difesa a 3? Pioli la fa a 2... Verrà il giorno di CDK. Molliamo Sala: stadio in periferia

Arbitri e infortuni, nessun lamento. Dall'Inter esempi europei. Difesa a 3? Pioli la fa a 2... Verrà il giorno di CDK. Molliamo Sala: stadio in periferia MilanNews.it
venerdì 28 ottobre 2022, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Ci sono parole che al Milan non fanno parte del vocabolario e che quindi non vengono mai declinate. Emergenza, infortuni, torti arbitrali. Su quest'ultimo punto, non condivido in pieno l'astinenza citata in settimana dal presidente Scaroni ("Protestare non serve a niente") e anzi credo che il club in quest'ultimo anno si sia fatto sentire eccome, con discrezione ma con fermezza, ai piani alti dell'UEFA. Quanto agli acciacchi, vero che riguardano un po' tutti i grandi club, ma è vero anche quanto in casa rossonera siano più numerosi, più frequenti e più gravi. Sapete come la penso su staff medico e atletico, quindi inutile ripetersi. Mi limito a fare tesoro del pragmatico realismo dell'allenatore che inventa, che ha coraggio, che sperimenta, che lavora. A turno uno per uno tocca a questo o a quello, indipendentemente dal suo momento. Nessuna remora nel buttare in mischia DeKetelaere nella gara decisiva di Zagabria, nonostante la scarsa brillantezza - per usare un eufemismo - e l'aria un po' stranita del ragazzo: verrà il suo momento, verrà il giorno in cui butterà il saio per la divisa, che sarà pronto a dimostrare il suo valore che è grande e va atteso. Nel frattempo, è difeso, sostenuto, protetto: al bastone (serve anche quello) ci pensa Pioli con i suoi modi gentili. Ci pensa Ibra. Ci pensano i suoi compagni. Il bastone non è la mazzata e non è nemmeno la voce alta: è uno strenuo invito al coraggio. 

Così in Croazia ecco Kalulu e Rebic a destra, ecco Gabbia e Kjaer, ecco una squadra iperoffensiva con il chiaro messaggio di andare a vincerla. E basta. La mentalità, che significa attenzione, concentrazione, determinazione, è il grande esempio che arriva dall'Inter in questa stagione: alle prese con un periodo di grandi incertezze, ha saputo fare di necessità virtù tirando fuori personalità e convinzione che si sono tradotte in risultati eccellenti e inattesi, come i 4 punti col Barcellona andando più vicina a farne 6 che 3. Del rigore non concesso ai catalani a San Siro, a proposito, mi interessa poco: la vittoria fu comunque assolutamente meritata contro un avversario lezioso, presuntuoso, inconcludente. Quello che va preso dall'Inter, più presente in Champions negli ultimi anni e con una finale di EL nel pacchetto, è la loro piena conoscenza del fatto che in Europa più dei valori contano l'anima e la ferocia, naturalmente sostenute da un tasso tecnico di un certo livello. Il Milan degli ultimi 12 mesi ha espresso queste doti a sprazzi prima di Zagabria, dove invece - finalmente - la notte è stata eccome di livello europeo, nello spirito, nel risultato, nella fame. 

Dicevamo all'inizio dell'emergenza in cui Pioli lavora sistematicamente, sempre alle prese con lungodegenze difficili da gestire. Il dibattito intorno a lui, che mi pare decisamente sordo e persino un po' beffardo sul tema, ruota spesso su quei numeri sterili come 3-4-3, 4-3-3, 3-5-2 eccetera... In 3 anni non è possibile che non ci sia accorti quanti moduli la squadra cambi all'interno dei 90', schierando sostanzialmente una difesa a 2 in fase offensiva con uno dei centrocampisti a fare il terzo protettivo, lasciando andare i terzini a galoppare nella prateria. E' solo un esempio. In una partita contano i movimenti: Theo e le sue scorribande in mezzo, Rebic che arretra a fare il terzino, Leao che svaria a destra, Giroud o Origi che vanno a prendersi la palla a centrocampo, Tonali e Pobega che si infilano in attacco... In un meccanismo oliato e sofisticato, tutto funziona a prescindere dai protagonisti anche se naturalmente varia la qualità. Ma quando si fa di necessità virtù, non si sbaglia mai se si crede nel proprio lavoro. Le analisi proposte puntualmente da alcune testate nazionali e, in famiglia, su MilanNews.it o sulla pagina Facebook de I CASCIAVIT, rendono merito alla poliedricità del gioco dei rossoneri.

In settimana si è tornati a parlare di stadio nuovo, ennesimo capitolo vuoto e noioso di una stucchevole sitcom che si trascina tra le ambizioni dei club milanesi che sono pronti a investire da anni, e la vuota solfa dei politici. Il sindaco milanese Sala, tra i suoi troppi "se, forse, probabilmente", ha un'unica granitica certezza: ci vorranno molti anni. La soluzione che sostengo da tempo è drastica: mollare Sala e andare da soli a Sesto San Giovanni o dove si possa costruire, in regola, per aumentare introiti, posti di lavoro, attività commerciali e dare altro lustro - se non a Milano impoverita del suo impianto - alla storia dello sport del capoluogo lombardo. Dove, Sala non lo sa, ci sono più Coppe dei Campioni che in tutte le bacheche delle squadre londinesi messe insieme. Per esempio.