Dall’Atalanta all’Atalanta, dal Sassuolo al Sassuolo: chi credeva in Pioli? La faccia di Leao. VAR, uno scandalo tutto italiano

Dall’Atalanta all’Atalanta, dal Sassuolo al Sassuolo: chi credeva in Pioli? La faccia di Leao. VAR, uno scandalo tutto italianoMilanNews.it
venerdì 13 maggio 2022, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Era il dicembre 2019. Tra le lacrime di Donnarumma e nessun segnale di virus che avrebbe fermato il mondo, il Milan perdeva 5-0 a Bergamo segnando forse il punto più basso del misero crepuscolo durante il quale Berlusconi, dopo 25 anni di gloria, aveva traghettato il vascello alla deriva. Poi, la pandemia, il lockdown, il campionato sospeso come il fiato asmatico del pianeta. Quelle 12 partite tra giugno e luglio del 2020 dove tutti pensavano che fossero gli stadi vuoti e l’atmosfera surreale della vita e dello sport, ad aver miracolato i rossoneri. 

Nel campionato successivo, in testa per 22 giornate (le prime) tra alzate di spalle, risolini ironici e la diffidenza degli stessi tifosi (moltissimi…), il ritorno in Champions dopo una stagione sempre sul podio. Infine, 2021-22 con scatto affiancato al Napoli, poi gruppetto a 3 con l’Inter, volata testa a testa con i nerazzurri. 

È il Milan protagonista dal 2020. È il Milan ad essere cresciuto giorno dopo giorno, con una continuità interrotta da qualche pausa fisiologica e da qualche arbitro al bar. Al Bar Var. Dall’Atalanta all’Atalanta in 2 anni e mezzo abbiamo ritrovato una società, una squadra, un ambiente convinto e compatto, entusiasta e carico di autostima lievitata tra i moltissimi giovani e antichi bucanieri con Ibra in testa. Atalanta penultima tappa per lo strappo decisivo, poi il Sassuolo, là dove nel 2020 arrivò la notizia della rinuncia alla rivoluzione Ragnick, con la conferma di Pioli è quella conseguente di Maldini e Ibra. Con Atalanta e Sassuolo è iniziato il percorso, con loro si chiuderà come è giusto, sacrosanto che sia. 

Stefano Pioli, già. Il traghettatore, il medico di campagna, bene il primo anno poi crolla, finali di stagione sempre col fiato corto. Già. Quello Stefano Pioli era etichettato, ma al Milan quello Stefano Pioli non lo abbiamo mai riconosciuto: determinato, risoluto, coraggioso. Con uno stile e una pacatezza rassicuranti, coinvolgenti. Un anno fa nel rush finale si inventò Diaz seconda punta spostando il turco in mediana. A Verona quest’anno si è inventato Saelemakers e Krunic titolari dopo mesi, Tonali seconda punta. Coraggioso, ho detto. Mente veloce e ampia, capace di tenete tutti coinvolti nel progetto. 

Chi credeva in lui? Pochi, nessuno. Ancora oggi. Eppure bastava sentire quella frase detta in sala stampa a Roma, dopo la sua seconda panchina rossonera in carriera: "Qui sembra che vincere, pareggiare o perdere non cambi la vita a nessuno". Da quella sera io ho creduto in Stefano Pioli, perché esattamente quello era il problema più grande del Milan. Basta guardare la faccia di Leao nel riscaldamento pre-partita adesso, la sua espressione seria e concentrata, basta guardare i suo occhi per capire cosa è cambiato in questi 30 mesi.

Chiudo con l'ennesima amara considerazione su arbitri e VAR. Dopo aver avuto l'esclusiva di essere stati i primi, in Italia, a sperimentarla e renderla operativa, oggi siamo gli ultimi a goderne i vantaggi. Legati come siamo al pressapochismo, alla vanità arrogante dei nostri arbitri mediocri, alla cultura del sospetto che ha radici profonde e ogni tanto - per la verità - genera piante rigogliose, verdi e ricche di frutti e di fiori. Non è successa la minima parte, negli altri 3 campionati più importanti d'Europa oltre a quello francese che è il quinto, degli episodi sconcertanti e inspiegabili cui abbiamo assistito in Italia, Coppa Italia compresa. Non c'è la volontà politica di cambiare, di migliorare, di sistemare, perché qualcuno continua a voler far andare le partite come meglio gli aggrada. Una volta erano solo gli arbitri, oggi ci sono anche i varisti. E forse anche qualcun altro.