Le lacrime del coccodrillo Gigio, la chiarezza di Maldini e il ritardo di Gazidis

Le lacrime del coccodrillo Gigio, la chiarezza di Maldini e il ritardo di GazidisMilanNews.it
martedì 4 maggio 2021, 00:00Editoriale
di Alberto Cerruti

“Le lacrime del coccodrillo Gigio” potrebbe essere il titolo di un nuovo cartone animato o di un libro per ragazzi. E invece è soltanto il titolo di questo commento in cui ci sono più colpevoli che vittime, a cominciare proprio dal portierone rossonero. Portierone e non portiere, perché chi scrive lo considera il miglior portiere d’Italia, destinato a diventare per tutti, e non soltanto per noi, il miglior portiere d’Europa e del mondo. Con quale maglia, però, non lo sa nessuno, nemmeno lui e questo è il problema. Perché dopo essere cresciuto nel Milan, che lo ha lanciato in serie A quando aveva soltanto 16 anni, e dopo avere indossato più volte la fascia di capitano, oggi che di anni ne ha 22 ed è diventato il portiere titolare della Nazionale che ambisce a vincere il prossimo Europeo, Gianluigi Donnarumma, per tutti semplicemente Gigio, non ha ancora rinnovato il suo contratto in scadenza il 30 giugno. Il Milan gli offre 8 milioni, il suo procuratore Raiola ne chiede 12 e la trattativa si è fermata qui. Con i (brutti) tempi che corrono, se Donnarumma davvero ama il Milan e vuole rimanere al Milan, avrebbe potuto, e soprattutto dovuto, dire che gli “bastano” 8 milioni, anche perché questo non è il suo ultimo contratto e avrà tutto il tempo davanti per arricchirsi ulteriormente. Uno come lui che comanda la difesa urlando come devono piazzarsi i suoi compagni, tutti più anziani, o meglio meno giovani di lui, non dovrebbe avere timore a sistemare un’altra barriera per respingere le richieste esagerate di Raiola. Invece Gigio rinvia, non il pallone ma la decisione, e piange dopo avere incontrato una delegazione degli ultras che sabato scorso si è recata a Milanello per chiedergli se davvero pensa di andare alla Juventus, o addirittura se si è già accordato con la società bianconera. E qui veniamo al secondo punto che riguarda Maldini, come al solito molto chiaro quando parla. Premesso che comprendiamo il suo disagio, per usare un eufemismo, perché quando giocava ha sempre preso le distanze dagli ultras tanto, che non a caso gli rovinarono la partita d’addio a San Siro, il dirigente rossonero ha ribadito che le decisioni su chi gioca sono prese dall’allenatore e dalla società, aggiungendo che si parlerà dei rinnovi soltanto a fine campionato.

Giusto così, perché un conto - nel vero senso del termine - è qualificarsi per la Champions e un altro, ben più modesto, è tornare in Europa League. A questo proposito, però, siccome i conti – sempre nel vero senso del termine – non spettano a Maldini, bensì all’amministratore delegato Gazidis, è giusto ricordare che spettava a lui, come primo rappresentante della proprietà, anticipare la pratica del rinnovo a Donnarumma senza aspettare che si avvicinasse il 90’ sullo 0-0, con il rischio di perdere la partita ai supplementari, o peggio ai rigori. Non si capisce, infatti, perché sia già stato rinnovato il contratto a Ibrahimovic, che compirà 40 anni a ottobre e in questa stagione ha giocato soltanto la metà delle partite, tra infortuni e squalifiche. Perché per  lui, al quale andranno comunque 7 milioni bonus compresi, non vale il discorso della qualificazione alla Champions? La verità è che Gazidis con Donnarumma ha perso tempo prezioso, mostrando lo stesso ritardo con cui ha imparato l’italiano, perché Gigio al contrario di Ibrahimovic rappresenta il futuro del Milan e il suo rinnovo andava risolto un anno fa, o al massimo durante l’ultima sosta natalizia. Così, invece, rischiano di perdere tutti e non osiamo immaginare non soltanto che cosa succederebbe a San Siro se ci fossero i tifosi rossoneri, ma soprattutto che cosa potrebbe succedere se Gigio disgraziatamente commettesse uno de suoi (rari) errori nella partitissima di domenica sera contro la Juventus. Al di là di tutto questo, ci chiediamo perché la società abbia autorizzato Donnarumma a incontrare la delegazione degli ultras, mettendolo in ogni caso in difficoltà. E nello stesso tempo ci chiediamo, a prescindere da questo caso specifico, perché sia stato permesso agli ultras di parlare con un giocatore che era in ritiro. Nel Milan, e in altre squadre, prepariamoci allora  ad altri incontri degli ultras con giocatori, allenatori, o dirigenti e questo è sbagliato, perché ognuno deve recitare al meglio il proprio ruolo. I giocatori devono fare i giocatori, i dirigenti devono fare i dirigenti, i tifosi devono fare i tifosi. E gli ultras, con i loro canti e le loro coreografie, che speriamo di risentire e rivedere presto a San Siro, devono fare gli ultras soltanto allo stadio, senza invasioni di campo. Nemmeno nella stessa regione, sempre in zona rossonera.