Ganz: "Il mio passaggio dall'Inter al Milan fu un bel casino. Il mio gol più bello in rossonero? Il rigore contro il Bari"

Intervistato dai taccuini de La Gazzetta dello Sport, l'ex Milan Maurizio Ganz ha ripercorso i suoi momenti più belli in rossonero, ricordando anche la stimolante e comunque positiva esperienza sulla panchina della squadra femminile.
Lei passò dall’Inter al Milan
"Fu un bel casino. Nell’Inter c’erano Ronaldo, Zamorano, Recoba più Moriero e Djorkaeff. Io preferii andare via. Mi volevano il Milan e il Lecce. Scelsi i rossoneri. Alla terza gara con la nuova maglia c’è il derby di Coppa Italia: vinciamo 5-0. Io gioco titolare e segno il secondo gol. I tifosi del Milan cantano: “risegna semper lü”".
Con il Milan nel 1998-99 vinse lo scudetto segnando cinque gol decisivi. Quale sceglie?
"Direi sei, perché nel derby mi procurai il rigore trasformato da Albertini che ci regalò il pareggio. Comunque, di quei cinque tutti ricordano il gol alla Sampdoria (il famoso 3-2 al 95’ con tiro al volo deviato da Castellini a quattro turni dalla fine), ma io preferisco la rete al Piacenza (1-1 al 92’) e soprattutto il rigore a San Siro contro il Bari (2-2 al 93’). Nessuno voleva tirarlo, gli specialisti erano fuori, prese la palla Costacurta, io andai da Billy e gli dissi che ci avrei pensato io. Quando misi la palla sul dischetto, sentii borbottare tutto San Siro. Ma segnai e fu un gol determinante per lo scudetto".
Tredici squadre diverse: come mai?
"Quattordici: c’è anche la Nazionale, anche se solo da riserva. Non lo so perché, ma tutte mi hanno lasciato qualcosa e ovunque c’è un momento da ricordare. Alla Sampdoria l’esordio tra i professionisti, a Monza il debutto in B, a Parma la prima promozione, a Brescia fui capocannoniere in B, all’Atalanta convinsi Sacchi a convocarmi in azzurro. Fui il primo acquisto dell’era Moratti all’Inter . Al Milan vinsi l’unico scudetto. All’Ancona un’altra promozione. A Venezia firmai la prima rete degli anni Duemila, il 5 gennaio nell’anticipo contro la Lazio. Alla Pro Vercelli, segnando nella penultima partita della carriera, ho raggiunto quota 170 gol nei campionati".
C’è spazio per un rimpianto?
"Tre. Il primo quando nacque mio figlio Simone Andrea. Ero in ritiro con la Nazionale per preparare la sfida con l’Estonia. Monica mi avvisò che stava per partorire. Dissi al massaggiatore Bozzetti di chiedere a Sacchi il permesso di scappare da lei, specificando che ci sarei andato in ogni caso. Sbagliai, perché le stesse cose le avrei dovute dire direttamente al c.t., che poi me la fece pagare non facendomi mai debuttare. Avevo 24 anni, avrebbe potuto parlarmi e magari rimproverarmi, invece da quel momento Sacchi non mi considerò più. Il secondo rimpianto è il grave infortunio al ginocchio ai tempi dell’Atalanta: non ho mai recuperato in pieno. Il terzo rimpianto è la traversa al 108’ di Inter-Schalke con un bellissimo pallonetto al volo e Lehmann che sta a guardare: perdemmo la finale di Coppa Uefa ai rigori a San Siro".
Da allenatore ha guidato la squadra femminile del Milan. Che esperienza è stata?
"Importante, perché mi ha formato come uomo più che come tecnico. Mi sono divertito, ho riscoperto il gusto di giocare per pura passione. Il Milan non ha mai avuto la squadra per vincere: la Juve era troppo superiore e poi anche la Roma ha costruito una rosa più competitiva. Però siamo arrivati secondi e abbiamo fatto la Champions. Abbiamo perso ai rigori una Coppa Italia proprio contro la Roma e al 90’ una Supercoppa contro la Juve. È stato un bel percorso".
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