Maldini: "Quando Leo se n'è andato mi sono sentito solo. Serie A? Se non riparte, grossi danni economici per le società"

Maldini: "Quando Leo se n'è andato mi sono sentito solo. Serie A? Se non riparte, grossi danni economici per le società"MilanNews.it
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
giovedì 23 aprile 2020, 22:51Primo Piano
di Gianluigi Torre

Intervenuto in live con Bobo Vieri, Paolo Maldini si è raccontato, parlando anche di Milan.

Sul campionato: “Deve provare a riprendere e finire questa stagione. Tu sai che nel caso non si finisse manderebbe in casini molti club. In questo momento ovviamente bisogna mettere delle priorità che è la salute, ma se ci saranno le condizioni per iniziare che provino. I protocolli per i giocatori sarebbe molto rigido e quindi, come sai bene, il calcio è pieno di contatti fisici, quindi sarebbe solo atletica. La federazione ha dato un’indicazione, ovvero di provare a finire. Se il governo darà l’ok, la federazione insieme alla Lega organizzerebbe un calendario compresso. Ricominciare a Luglio sarebbe complicato perché i contratti finiscono il 30 giungo. L’idea della Uefa è quella di finire i campionati nei primi fi agosto. Se non si forza la situazione non si riparte più e il danno economico sarà enorme”

Su Sacchi: “Io credo che il segreto della squadra di Sacchi era avere un allenatore visionario e giocatori fantastici. C’era grande attenzione in fase difensiva, ma c’era anche di portare otto uomini in avanti. Con Sacchi dovevi dare un’opzione in profondità. Le volte in cui siamo andati in difficoltà è quando trovavamo le squadre chiuse, come la Stella Rossa: vennero a San Siro, ci diedero la palla e boom…tutti in difesa.”

Sul cambiare squadra: “Pensando ai 25 anni di carriera, direi di no. Io sono milanese, milanista e mio papà è stato il primo capitano ad alzare la Coppa dei Campioni per una squadra italiana. CI sono stati momenti difficili, ma la verità è che per andare via da quel Milan è che servivano due componenti: voler andare via e situazione della squadra.”

Su Daniel: “Non è facile. Avere il papà che allena è bruttissimo, tutti con me si dovevano contenere. Ho iniziato da dirigente che mio figlio era in primavera, Giampaolo l’ha portato in prima squadra e Pioli l’ha fatto esordire. Le critiche dai papà non fanno mai piacere. Non posso andare all’allenamento e fare da papà. È difficile fare il direttore.

Su Leonardo e fare il DT: "Quando Leo mi ha detto che se ne sarebbe andato ho pensato di rimanere solo. Da quando mi sono portato a capo della direzione sportiva mi sono trovato a mio agio, avendo anche Boban e Massara. Non ho problemi a discutere.”

Sul mondiale del 2002: “Il mio ultimo mondiale è stato quello del 2002 in Corea. Non ci volevano far entrare allo stadio perché non avevamo i pass prima della partita contro di loro. Qualcuno se lo era dimenticato”

Sul fare il calciatore: "Il calcio, oltre che farmi realizzare come uomo, mi ha insegnato tanto. I miei figli hanno scelto di giocare a calcio. Ed è stato bello perché hai compagni di tutte le etnie ed estrazioni sociali. Inizi ad avere delle regole, degli obiettivi e devi fare dei sacrifici. L’esperienza calcistica è stata formativa ai massimi livelli. Siamo fortunati ad aver raggiunto dei grandi livelli. E a Christian e Daniel gli ho sempre detto che tutti i professionisti hanno fatto sacrifici nella loro vita. E la differenza tra i fuoriclasse e i giocatori di medio livello è quella, fare quel sacrificio in più".

Sulla partita più dura: “La partita che mi ha fatto più male? Ho fatto una considerazione con Boban e Massara e ho pensato ‘Sono il giocatore più perdenti della storia’. Ho vinto tanto, ma queste finali perse le ho accettate. Il momento più brutto forse è quando siamo usciti dal campo di Marsiglia. In nazionale ho avuto grandi occasioni, ma ho perso anche lì. Nel 2006 quando mi chiese Lippi di venire ai mondiali risposi di no, poi quando ho visto che hanno vinto ho pensato ‘ma quanto sono sfigato?’ La mia ultima competizione è stata in Corea, quando non ci volevano far entrare (sorride, ndr).”