Ordine: "Così neanche su Scherzi a Parte"
È tutto vero anche se incredibile. Incredibile che il Milan, davanti di due gol all'intervallo, si lasci rimontare dal Werder che non è una panzer division dal punto di vista calcistico. È tutto giusto, diciamolo forte e chiaro, perché i meriti del Werder Brema non si esauriscono certo con i due colpi di testa di Pizarro ma arrivano fino a segnalare la vivacità di Diego (se è questo, prendetelo subito in Italia) oltre che il talento di Ozil. Il Werder domina da cima a fondo la sfida, subisce un castigo immeritato, diciamo 2 incidenti di percorso, eppure non se ne cura, si rimette a giocare con una grande sicurezza nei suoi mezzi e nelle sue qualità. A furia di imbottigliare il Milan, lo sfinisce con un paio di palloni alti, specialità della casa. Forse è il caso di prendere atto dei limiti complessivi del reparto difensivo rossonero e anche del suo stimatissimo capitano Paolo Maldini.
Senza neanche l'Uefa la stagione del Milan, l'ultima di Carlo Ancelotti, comincia a diventare fallimentare. Non resta che il 2° e 3° posto in campionato da conservare per il minimo obiettivo stagionale, parole di Adriano Galliani. I fischi arrivati ieri sera, questa volta, hanno una spiegazione razionale e non si possono discutere. Forse è la fine di un ciclo. L'Uefa non fa per questo Milan. Forse questo Milan non fa più per il suo futuro.
Nemmeno un ispirato autore di "Scherzi a parte" riuscirebbe ad allestire un numero così feroce. All'intervallo, quelli del Werder hanno due gol sulla schiena e negli occhi la consapevolezza d'aver comandato la sfida. Senza cedimenti, solo con una discutibile mira dei suoi avanti. Solo un capriccio del destino può spiegare infatti la piega presa dal risultato nella prima frazione che segnala il maggior talento dei tedeschi. Con Diego in grande spolvero, comandano il gioco, con Ozil (rintuzzato da Zambrotta) sfiorano il vantaggio meritato a quel punto, mentre il Milan sembra in balia dei rivali, sfilacciato tra i reparti, con qualche brillante chiusura di Senderos e Dida che si raccomanda al suo santo protettore per resistere alla capocciata di Almeida.
In sette minuti, nel cuore del primo tempo, il Milan capovolge tutto: partita, qualificazione e risultato grazie a quel fenomeno delle natura e della tecnica che si chiama Pato. Averlo e non averlo fa la differenza che passa tra il giorno e la notte: al primo scatto, col turbo innescato, lo stendono e dalla punizione di Beckham prende origine il rigore (braccio di Frings in barriera) che Pirlo realizza con scrupolo balistico; al secondo scatto, propiziato da Maldini, il giovin brasiliano esplode una saetta dal limite dell'area che folgora il portiere Vander.
Appena finiscono gli scherzi e il Werder si rimette ai remi nella ripresa, il Milan va incontro ai difetti di sempre e a un finale col cuore in gola. Merito o responsabilità a seconda dei punti di vista del solito golletto su palla inattiva subito a metà frazione: questa volta è Favalli, di testa, a perdere il duello con Pizarro.
Che non smette certo di seminare il panico dalle parti di San Siro, appena c'è un'altra palla alta su cui segnalare l'insufficienza di Maldini nel gioco aereo. Il suo colpo di testa, senza opposizione, è un beffardo pallonetto che «uccella» Dida. Rimonta eseguita, e del tutto meritata per il magnifico Werder. Nessuno può prendersela con i cambi di Ancelotti: arrivano puntuali e sono tutti sensati. Fuori Seedorf (per acciacco), Inzaghi (spremuto) e Favalli (idem come prima), dentro Flamini, Shevchenko e Jankulovski ma non aggiungono granché alle mollezze di una squadra che è con le gomme sgonfie.
Per sostenere l'impossibile assalto finale, Pirlo passa tre-quartista ma è tardi per imprimere un colpo di coda alla qualificazione. Sheva è un fantasma e tutta la squadra accusa un vistoso calo fisico che lascia sgomenti.
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