Maignan? Grazie Tata!

Maignan? Grazie Tata!MilanNews.it
sabato 25 febbraio 2023, 00:00Editoriale
di Mauro Suma

Maignan, Maignan, Maignan...eh no siori cari. E Tata? Come l'abbiamo trattato? Come l'abbiamo sbertucciato, massacrato, offeso...Ci abbiamo mai pensato? Siamo diventati così, dentro uno e via l'altro, senza il benchè minimo riguardo? Non voglio provocare o sfidare nessuno, ma parliamone. Non ho la minima idea di quanto rientrerà Mike, ma nei confronti di Tata una faccia nuova per il prossimo Carnevale non vorrei farla così, come niente fosse.

Capisco che Maignan sia diventato un tormentone, uno di quelli che piace scatenare attorno al Milan, ma anche dentro al Milan viste le prodezze di "certi" profili social che sembrano essere rossoneri o almeno tali si dichiarano. Ma il Milanista che conosco io non tratta così chi indossa la propria maglia. Ho visto in tantissimi anni di San Siro sostenere e rincuorare Zignoli, Giorgiobraglia, Mannari, Strasser e chi più ne ha più ne metta. Il Milanista che conosco guarda lo stemma che ciascun giocatore ha sul cuore, non il nome che ha dietro la maglia. E anche il giocatore più umile, anche il meno patinato che ci ha rappresentati merita l'onore delle armi. Sempre e comunque. A maggior ragione, Tata, che se ci pensiamo tutti insieme, è diventato un clamoroso e gigantesco parafulmine. I nostri grossi, pesanti e aggrovigliati problemi di campo che si sono presentati tutti insieme a gennaio, non c'entravano nulla con Tata. Eppure lui è diventato il simbolo del mese no, il volto della crisi, il primo di tutti i mali.

Non era vero, no che non era vero. Quando il campionato si è interrotto per il Mondiale, il Milan era secondo indiscusso ed era agli ottavi di finale di Champions League, doveva ancora giocarsi Supercoppa e coppa Italia, eppure Ciprian era già il primo portiere rossonero da un mese e mezzo. Ma allora non doveva essere stato così disastroso dal primo ottobre a metà novembre. Gli imputano i gol di Bajrami e di Miranchuk. Va bene, poteva fare meglio. Ma se a Empoli abbiamo vinto e se a Torino abbiamo perso, non è stato per Tatarusanu. E' stato pèr la squadra. E' sempre la squadra che conta, che a Empoli aveva uno spirito e che nella serata pre-Salisburgo di Torino non aveva. Giù quel dito puntato contro il portiere. E' comodo, ma è ingiusto. E' uno sfogo, ma non è così che si fa. La verità è che se la squadra non c'è, il portiere è il primo a risentirne. E quella balla, i difensori sbagliano perchè non si fidano del portiere. Balla! Troppo comoda. Troppo alibi.

La verità è che il primo gol del Lecce, il gol del signor Dimarco, il gol di Milinkovic, il gol di Defrel, tutti quei palloni che erano solo da spingere in porta, sono gol che avrebbe preso anche Maignan. Nè più, nè meno. Però ha fatto comodo a tutti prendersela con Tata, fare la paternale al Milan, dovevi prendere questo, dovevi prendere quello, dovevi fare così, dovevi fare cosà. Ma guardate e ascoltate Pioli, una volta per tutte: "Fiducia a Tata". Punto. Punto, quella capacità che manca a tutti di metterci un punto. Tanto che appena la squadra si è messa a posto, Tata non ha preso un gol che fosse uno in sette tempi di gioco, dal secondo del derby (anche se secondo me il gol di Lautaro Martinez era buono), a tutti gli altri. Però Tata è sempre stato al suo posto, quando c'era da prendere la palta ci ha messo la faccia ogni volta senza farsi deprimere o demolire.

Quando si è trattato di prendere qualche complimento allora no, merito della difesa a tre, merito di Malick (grande Malick, a proposito). eccetera eccetera. E allora io invece no, solo sul mio carretto, ma con forza dico dico grazie Tata. Perchè ha dimostrato di avere lo spirito di chi si prende tutto addosso, senza vittimismi e senza accampare scuse. Perchè se in questi anni siamo tornati in Champions League dopo 8 anni, se siamo tornati a vincere uno Scudetto dopo 11 anni e se siamo tornati a vincere una andata degli ottavi di Champions dopo 11 anni, noi lo dobbiamo allo spirito. Che Tata, senza dire una parola, ha dimostrato di avere. E che noi, invece, spesso, fuori dal campo, ci dimentichiamo.