De Zerbi: "Mi sento figlio di Milanello, del Milan, quello vero"

Intercettato dai taccuini dei colleghi de Il Corriere della Sera, l'allenatore del Marsiglia Roberto De Zerbi ha parlato di sé, del suo passato al Milan, della lite Rabiot-Rowe ma anche e soprattutto di tanti aspetti legati al suo modo di fare calcio, tanto apprezzato in giro per l'Europa. Questi alcuni estratti della sua intervista.
Da calciatore ha trovato un ambiente che la formasse?
"Il settore giovanile del Milan era una scuola. Maldini, Baresi, Tassotti e tutti quei grandi giocatori mi hanno insegnato l’etica nel calcio, il valore dell’allenamento, il fatto di allenarti più forte dopo una vittoria, il rispetto dentro a un gruppo, a partire dagli orari. Io mi sento un figlio di Milanello, del Milan, quello vero".
Le manca l’Italia?
"Sì, sono italiano e seguo tantissimo il campionato. Ma sto bene anche all’estero".
La crisi c’è: che ne pensa?
"Solo in Italia nei settori giovanili la sconfitta è vissuta come una tragedia. E i talenti spesso hanno una maturazione tardiva: vanno aspettati".
Una rissa come quell Rowe-Rabiot l’ha mai vista?
"Mai. E io vengo dalla strada. Ma ci ha fatto bene, perché la società ha scelto di fare a meno di Rabiot, che non ha voluto fare un passo indietro".
Come vede l’ammucchiata in testa alla serie A?
"Sono contento per Gasperini, che all’Inter pagò colpe non sue: un po’ tifo per lui, perché gli avevano dato l’etichetta che non poteva sedersi su una grande panchina. E invece può stare ovunque. Il Napoli è più che vivo, l’Inter è forse ancora la più forte, il Milan sta giocando bene. È bello vedere tanta competitività».
A chi deve dire grazie per la sua carriera?
"A tante persone. Da mio padre che mi ha portato allo stadio, a mia mamma laureata in Lettere che mi ha obbligato a studiare. Poi il Milan. E da allenatore, tutti i miei giocatori, perché attraverso di loro viene fuori il mio pensiero. Il succo del nostro lavoro è questo".

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