Higuain e la gestione Leonardo

Nessuna contestazione pregiudizievole, nessuna voglia di fare polemica per il semplice gusto di farla. Davvero, nulla di tutto questo. Vogliamo premetterlo perché Leonardo de Araujo non merita assolutamente di venire giudicato sul terreno degli scontri ideologici che, da altre bande, vengono invece perseguiti con una puntualità singolare.
Questo non lo troviamo corretto perché il lavoro di un dirigente non può essere etichettato o giudicato dopo pochi mesi. Serve tempo, spesso anni ed in questo lungo arco temporale le capacità analitiche e di osservazione devono sempre prevalere sulla voglia di sentenziare. Si chiama onestà intellettuale ed è l’unica divinità pagana che merita di essere venerata.
Chiarito ciò, vorremmo però dire una cosa al dirigente Leonardo con la massima franchezza e da un punto di osservazione che non conosce partigianeria di qualsiasi sorta, ma che si limita, da sempre, a sanguinare in rossonero. Con orgoglio e fedeltà.
Ebbene, senza veli, ci permettiamo di dire che la gestione di Gonzalo Higuain in questi primi cinque mesi di Milan non è stata corretta e non è stata adeguata al valore del giocatore. Valore, sia ben chiaro, non soltanto tecnico, ma anche e soprattutto mediatico.
Quando si va a prendere un giocatore di questo livello e di questo impatto (stiamo parlando del miglior realizzatore della Serie A degli ultimi 5 anni), non si può pensare di gestirlo come tanti altri giocatori. Va trattato in maniera diversa, va messo al centro del mondo Milan, va protetto dai refoli di vento che provengono da lidi meno nobili.
Soprattutto, non va attaccato pubblicamente in un momento in cui, per ragioni oggettive, si sente un precario, trovandosi suo malgrado in una situazione di eutanasia contrattuale con il club per il quale gioca. Ed abbia pazienza Leonardo: credere che un giocatore in prestito, senza garanzie di riscatto, diventi il leader tecnico della squadra, è pretesa abbastanza irragionevole.
Il cuore del problema sta proprio qui: un giocatore di questo livello non può arrivare al Milan in prestito, senza conoscere il suo destino da qui ai prossimi mesi. Non si può dichiarare pubblicamente che verrà riscattato solo se il Milan andrà in Champions League, perché così si trasforma il giocatore in un mero mezzo, usato per raggiungere un obiettivo.
Come può sentirsi Higuain in tutto questo? Di certo, non può credere che un club come il Milan rinunci al suo acquisto per 36 milioni di euro, quando nel mercato attuale con quella cifra si arriva a comprare un Kouamé, un bel giocatore di talento senza dubbio, ma con appena 3 reti nel massimo campionato.
Si va bene, lo sappiamo, c’è il fair play finanziario che pesa come un macigno nelle determinazioni di ogni club, però insomma il futuro del Milan non può apparire mediaticamente così nebuloso, sia agli occhi dei suoi tifosi e sia agli occhi del suo centravanti.
Higuain è andato via dalla Juventus praticamente messo alla porta come l’ultimo degli scarti, dopo aver contribuito a far vincere due scudetti alla squadra torinese. Conoscendo l’orgoglio argentino, Gonzalo lì non ha più voglia di tornarci e vede un possibile ritorno presso Vinovo, a giugno, come un fallimento e come una prigione tecnica.
Questo, oggi, è il suo incubo: tornare alla Juventus da indesiderato. Poi possiamo mettere sul tavolo tutte le altre cose che hanno certamente una loro pregnanza in tutta questa vicenda. Ma il vero problema è tutto racchiuso in quella formula dì acquisizione del giocatore che ne rende incerto il futuro e ne condiziona inevitabilmente gli umori.
Leonardo non può non capire questa evidenza psicologica. Lui è stato giocatore, ha vissuto da spettatore privilegiato ed intelligente, i dubbi di Weah che si sentiva sacrificato sulla fascia, i malumori di Bierhoff che non si sentiva adeguatamente apprezzato dal suo pubblico e i tormenti del giovane Sheva che, nel 2001, era incerto fra l’amore per il Milan e la tentazione Real Madrid.
Il centravanti è forse il ruolo psicologicamente più delicato che possa esistere nel calcio. Un grande bomber infatti non vive soltanto di gol. Vive anche di fiducia, adrenalina, affetto, respiro ampio sul suo futuro.
Forse ad Higuain, per sentire le spalle meno pesanti, servirebbe qualche dichiarazione di stima in più, pronunciata pubblicamente. E probabilmente è arrivato il momento di uscire dal labirinto emotivo del diritto di riscatto. Il miglior centravanti della Serie A, non può sentirsi un precario. Per il suo bene e per il bene del Milan
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