Parma e Pisa ci hanno detto che il Milan ha bisogno di vivere il pericolo prima di rendersene conto

Parma e Pisa ci hanno detto che il Milan ha bisogno di vivere il pericolo prima di rendersene contoMilanNews.it
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 14:00Primo Piano
di Manuel Del Vecchio

I pareggi contro Pisa e Parma, uniti anche alla sconfitta alla prima giornata di campionato contro la Cremonese, delineano un certo tipo di caratteristica intrinseco nella rosa del Milan ormai da anni e che è evidentemente duro a morire: la squadra in alcune situazioni non riesce a percepire il pericolo, non lo annusa, e se ne rende conto solo quando il pericolo è già arrivato. Quello che è cambiato, ed è sicuramente un grande merito di Allegri, del suo staff e alcuni dei nuovi calciatori arrivati in estate, è la periodicità con cui si presenta questo tipo di situazione. Non facciamo un torto a nessuno se scriviamo che negli anni scorsi, dal post scudetto ad oggi, i giocatori perdevano totalmente concezione dei momenti della partita almeno un paio di volte per match, trovandosi in situazioni assurde e pericolose, poi spesso recuperate grazie ad una buona di qualità di base dei calciatori in rosa.

Con Max Allegri questo tipo di situazioni sono state ridotte, ma non scomparse. Il tecnico livornese ha già dato qualche massima in conferenza, del tipo: "Ci sono partite che quando possono essere vinte vanno vinte, e partite che quando non possono essere vinte non vanno perse". Il succo è che bisogna leggere, sentire, annusare tutto il contesto e interpretare al meglio tutte le varie partite che si vengono a creare all'interno della stessa partita. È un discorso strettamente collegato alla scarsa propensione al sacrificio e al difendere che questa squadra ha mostrato ampiamente negli ultimi anni. Anche qui c'è stato un netto cambio di marcia, tant'è che le prestazioni di Gabbia, Tomori e Pavlovic hanno beneficiato di questo ritrovato spirito di squadra nelle situazioni senza palla.

Ma anche qui, il giocattolo funziona quando si è dentro la partita, si è capaci di leggere il momento e non si lascia il tutto in balia del caso. A volte capita che la squadra abbia bisogno di un qualche tipo di shock prima di riconnettersi mentalmente a quello che succede in campo. Vedi il rigore parato da Maignan contro la Roma o l'espulsione di Estupinan contro il Napoli: da lì in poi le partite sarebbero potute durare anche altri 60 minuti che il Milan era talmente messo bene in campo, tatticamente e mentalmente, che non avrebbe mai subito gol. Vedi anche contro Pisa e Parma: dopo lo shock dei gol subiti si è tornati a creare, spingere e segnare. E in entrambe si è addirittura arrivati vicini al vincerla, con Saelemaekers protagonista sfortunato in tutte e due le occasioni.

La domanda sorge spontanea: è un qualcosa che a lungo andare è sostenibile? No, anzi. Va assolutamente in antitesi con la velocità di crociera tanto cara ad Allegri e al suo desiderio, evidentemente non ancora del tutto recepito dalla squadra, di sapersi giostrare con naturalezza tra le varie pieghe di una partita. Il lavoro del tecnico livornese è comunque già importante, perché questo tipo di situazione è diventata circoscritta e riconoscibile: è stato diminuito il numero delle volte che succede. Ora il prossimo passo è guidare tutta la squadra, con l'aiuto di giocatori esperti e navigati come Rabiot e Modric, nel saper percepire per tempo il pericolo. Magari il gruppo non è ancora pronto a "dar battaglia", parole di Max, abbassandosi e soffrendo perché le caratteristiche sono altre, ma col tempo i due mondi, quello del tecnico e quello dei giocatori, diventeranno sempre più un tutt'uno. I punti persi fanno rabbia ma c'è il materiale tecnico, tattico ed umano per poter continuare a crescere insieme. D'altronde al Milan arrivato ottavo dell'anno scorso ci sono stati già passi avanti importanti.