L'uomo che sussurrava ai cavalli

L'uomo che sussurrava ai cavalli
© foto di Marco Marsullo
Oggi alle 18:20News
di Redazione MilanNews

Stiamo iniziando, pure noi rossoneri, a intendercene di ippica. Perché dai, alla fine è chiaro: il calcio allegriano è tutta una questione di cavalli al piccolo trotto e poi, improvvisa fiammata, al galoppo. Il demone di Livorno che dal Gabbione ha imparato i concetti di confine, di ferro e di claustrofobia, ci ha restituito la sua migliore versione; non più la fase offensiva spregiudicata e fantasiosa del primo scudetto milanista ma nemmeno l’ultradifensivismo dell’ultimo ciclo alla Juve. Ma un misto-cashmere che sa di beffa e solidità. Perché è facile ridurre Allegri a un concetto, se non si guardano per bene le partite del Milan della stagione in corso: si mette a specchio sull’avversario, si chiude, riparte. Che noia.

E invece no, il demone di Livorno quest’anno ha deciso di cavalcare a pelo, senza sella come gli indiani cherokee, profilo basso e, appunto, corto muso. A seconda della partita decide se palleggiare o aspettare, se chiudersi o far sconfinare Pavlovic ala sinistra che neanche Seedorf ai tempi di Re Carlo. E per dare vita al suo nuovo corso, Max ha scelto il suo cavallo per antonomasia, unica vera richiesta a Tare: Adrien Rabiot. Benedetta la rissa in allenamento a Marsiglia e lodata sia l’altra controparte Rowe che ha permesso l’incastro cosmico che ci ha regalato (perché il prezzo di mercato, di questo mercato, per Rabiot è stato folle) l’innesto decisivo per la corsa allegriana.

Rabiot ha passo, muscoli, personalità: una risorsa che sembrava un vezzo, un capriccio, del demone nel già affollato centrocampo rossonero (e tutti, stizziti, ci eravamo detti ad agosto: eh sì, dài, compriamone ancora un altro di centrocampista); Rabiot accorcia le linee, fa l’elastico dal blocco basso alla catapulta del contropiede nei big match che, guarda caso, il demone di Livorno sta vincendo tutti. Compreso il derby, capolavoro di visione allegriana.
Un amico, durante i primi venti minuti, mi tempestava di messaggi su Whatsapp annunciando la nostra resa, il ruolo di vittima sacrificale, un’Inter travolgente e noi annichiliti. E io ho risposto con una sola parola, un verbo che sapeva di fiducia: aspetta.

Massimiliano Allegri sa che i cavalli, su novanta minuti, hanno bisogno di rodare, scaldare i muscoli, lasciar sfogare l’avversario. Perché, oltre al purosangue francese di cui prima, c’è un Quarter Horse americano gentile con il pallone e spietato nella trequarti. Un puledro fadista portoghese che ciondola ma che, piano piano, sta imparando che la porta è la sua migliore amica (anche se Rafa deve tirare di più, lo capirà mai?). Un galoppatore, e qui si chiude il cerchio del passo allegriano, belga che a destra brucia l’Inter sbilanciata e tira. Il resto è storia.

Quella di un derby vinto allegrianamente, perché in questa fase del campionato di Serie A, dove la qualità latita e i rigori vengono assegnati da un regolamento che sembra una tombola, invece che uno statuto redatto da esperti di calcio, ciò che conta è fare punti. Punti, punti, punti, accumularne per l’inverno difficile, non restare indietro, staccati, perdere morale e rimanere imbrigliati nella paura (vedi alla voce Juventus).

Il derby Allegri lo porta a casa sussurrando ai suoi cavalli. A tutti tranne che a uno, al quale aveva già sussurrato una sola volta, lo scorso mese di agosto, quando aveva già le valigie in mano destinazione Chelsea. “Resta, per ora” gli aveva detto “Poi si vedrà”. Perché il demone di Livorno ha preferito un The Last Dance con il rischio (quasi certo) di perdere il portierone a zero, piuttosto che venti milioni di euro cash.

E guardate ora la prospettiva: la parata di Maignan (su Calhanoglu, poi) nel rigore del derby vale più o meno di venti milioni?

Ma tutto questo, Massimiliano Allegri, lo sapeva già.

di Marco Marsullo

Scrittore, giornalista. Tra i suoi romanzi spiccano le storie di calcio con protagonista l'allenatore Vanni Cascione: "Atletico Minaccia Football Club" (Einaudi, poi Universale Economica Feltrinelli) e "Provaci ancora, mister Cascione" (Feltrinelli). Su Instagram: @marcomarsullo