TMW - Giuffrida: "Sugli agenti clima da caccia alle streghe. Moda parametri zero? Alla lunga ne risente tutto il sistema"

TMW - Giuffrida: "Sugli agenti clima da caccia alle streghe. Moda parametri zero? Alla lunga ne risente tutto il sistema"MilanNews.it
venerdì 11 febbraio 2022, 21:30News
di Manuel Del Vecchio
fonte tuttomercatoweb.com

Valerio Giuffrida, noto agente e componente del consiglio direttivo dell’AIACS, l’associazione che riunisce i principali agenti italiani, ha parlato a tuttomercatoweb.com. Queste le sue dichiarazioni:

La FIFA, ma anche la FIGC, sembrano aver messo nel mirino la vostra categoria. Vi sentite sotto attacco?

“È una questione su cui ci stiamo confrontando a livello di associazione; effettivamente c’è un un clima da caccia alle streghe. Probabilmente, è dettato dal fatto che spesso si faccia di tutta l’erba un fascio: in base ai comportamenti eclatanti di alcuni viene presa di mira l’intera categoria. Insieme a questo va considerato il momento di difficoltà economica per i club: quando si cerca di tagliare le spese, magari si attaccano i soggetti che apparentemente possono non essere stati penalizzati dalla crisi”.

Apparentemente: perché in realtà?

“Anche gli agenti sono stati colpiti dalla pandemia, come tutti. Le faccio un esempio: la FIFA ogni anno rende note le cifre relative alle commissioni. Però poi si perde di vista quello che viene effettivamente corrisposto. Al momento, gli agenti sono all’ultimo posto nella scala gerarchica dei creditori sociali e la tutela dei loro crediti non può che passare attraverso i consueti strumenti civilistici. Così diventa difficile cercare di riscuotere un credito e questo vale per i grandi come per gli agenti più piccoli; questi ultimi ad esempio hanno ancora più difficoltà ad alzare la voce o ricorrere ad azioni giudiziali volte a tutelare il proprio credito, perché si creerebbero dei problemi relazionali con i club, loro clienti”. 

Quando dice che si fa di tutta l’erba un fascio, si riferisce a qualcuno in particolare?

“Non farò nomi, ma penso ai comportamenti di alcuni agenti stranieri che, apparentemente, presentano delle criticità. Si tende a considerare la categoria come se tutti si comportassero allo stesso modo. In realtà, la nostra organizzazione vuole favorire la sostenibilità del sistema: dissanguare i club non è e  non dovrebbe essere nell’interesse di nessuno e peraltro non sarebbe eticamente corretto. Sono i club e le loro proprietà che favoriscono lo spettacolo del calcio".

Infantino ha citato alcune cifre: nel 2019, su 7 miliardi di euro spesi, 700 milioni sono andati agli agenti in commissioni e soltanto 70 ai club come premi di formazione. Sono numeri che colpiscono: non c’è qualcosa da sistemare?

“Le commissioni sono una voce importante, anche se torno a dire che comunque bisogna sempre distinguere le commissioni scritte da quelle che vengono regolarmente e tempisticamente pagate. Nel frattempo, in molti casi, gli agenti si trovano a dover anticipare le imposte e le altre spese. Sembrerà un paradosso ma si possono verificare casi in cui gli agenti si trovano in difficoltà ovvero in deficit finanziario su una o più operazioni. Ci sarebbe molto da dire sull’argomento ma eviterei di scendere in tecnicismi anche se la realtà dei fatti è diversa da quella che sta circolando. E comunque, tornando alla domanda, penso che la FiFA si stia prontamente muovendo nella direzione di alzare i premi di formazione, per renderli congrui all’importanza che ha la formazione di un giovane giocatore”. 

La strada della FIFA sembra essere quella di tentare un confronto. Le consultazioni però sono partite da un gruppo non particolarmente rappresentativo di agenti internazionali.

“Quello che l’EFAA (la European Football Agents Association, ndr) sta chiedendo è un confronto. Io parlo per me e per il consiglio direttivo di cui faccio parte: credo che un confronto possa sempre risolvere le problematiche. Si torna lì: per esempio, si potrebbe pensare di introdurre dei vincoli, che impongano il regolare e tempestivo pagamento delle pendenze con gli agenti. A quel punto, si verificherebbe un naturale calmieramento dell’importo delle commissioni che vengono sottoscritte: se il club sa che quelle cifre le deve pagare alla scadenza e non oltre, userà maggiore parsimonia nello stabilire i termini del mandato”. 

Non avverrebbe più rapidamente imponendo dei limiti legati a dei criteri oggettivi?

“Ma i limiti non sono tipici del libero mercato: penso al mondo delle professioni, per esempio agli avvocati o ai commercialisti. Ci sono tariffe consigliate, non limiti. Io penso che un intervento regolamentare, sul solco di quanto le ho anticipato, indurrebbe naturalmente a rivedere i costi delle commissioni perché i club potrebbero impegnarsi per quello che possono spendere, stando attendi alle scadenze e le commissioni sarebbero una voce presa in considerazione nella stesura dei budget finanziari. Abbiamo visto che quando vengono fissati dei limiti e dei vincoli per i club, come l’indice di liquidità per quanto rigoroso, questi funzionano ed i club si adeguano. Si tornerebbe alla normalità e si eviterebbero situazioni di insolvenza”. 

Però a livello associativo la categoria è sempre divisa, basti pensare che in Italia esistono l’AIACS e da qualche anno anche la IAFA. Questo non complica una presa di posizione unitaria?

“Io in generale sono a favore di un approccio collaborativo, non polemico. Penso che litigare non faccia bene a nessuno e se ne esca tutti con le ossa rotte. Conosco molti membri dell’altra associazione, in fondo non penso che diciamo cose molto diverse tra di noi. E credo che a un certo punto ci sarà un momento in cui ci confronteremo: alla fine, siamo tutti portatori di un interesse comune, che per inciso è quello della sostenibilità nel medio-lungo termine del sistema. Quando gli interessi combaciano, il problema diventa solo dialogare ma, soprattutto, farlo con le istituzioni”.

Vlahovic è stato il protagonista dell’inverno e Commisso ha attaccato duramente i suoi agenti. Cosa pensa delle parole del presidente della Fiorentina?

“Penso che le parole di Commisso siano state in parte fraintese. Anzitutto, il famoso decalogo lo vedo più che altro come un grido di aiuto che ha voluto mandare. Voleva una risposta, un confronto. Servirà incontrarsi per discutere: alcuni punti andranno ridiscussi, ma in linea di massima penso che abbia voluto tendere la mano, magari non a tutti”. 

I toni però sono stati molto duri.

“Sì, ma perché riferiti a dei casi, che magari lo hanno riguardato ed in cui, a suo dire, c’è stato un approccio non collaborativo da parte degli agenti. Penso che si rifaccia a un determinato modo di operare, che non è tipico di tutti, che lui vuole contrastare. Vuole portare avanti una battaglia contro una modalità che sembrerebbe sia stata usata in un caso specifico nei suoi confronti. Tra l’altro fortunatamente le cose sembrerebbero essersi risolte e la Fiorentina ha fatto, in uscita, la più importante operazione di mercato”. 

Tra i temi di discussione: il decreto crescita. Tra club e agenti, non mancano le voci di chi ne vorrebbe l’abolizione per quanto riguarda il mondo del calcio, o quantomeno una sostanziale revisione.

“Io non mi sono mai schierato contro il Decreto Crescita ma parlo per me. Ritengo sia uno degli elementi che ha contribuito a mantenere lo standard di competitività del campionato di Serie A rispetto all’estero. Ha consentito operazioni che altrimenti i club avrebbero fatto  più fatica a portare a termine. Si pensi a Lukaku, a Ibrahimovic, a Mourinho, a Ribery. Può aver permesso al campionato italiano, i cui ricavi legati alla gestione caratteristica (biglietteria, sponsor, diritti televisivi, ndr) sono inferiori ad altri campionati, ma che sostiene spese identiche se non superiori, di tenere alta la competitività a livello internazionale”.

Però c’è il rovescio della medaglia: prendere un giocatore dall’estero è molto conveniente per chiunque, a qualsiasi livello.

“Quello che può essersi verificato è che in alcuni casi se ne sia fatto un uso eccessivo, andando a prendere dall’estero numerosi giocatori, quando invece dai settori giovanili, o dalle serie inferiori, si sarebbe potuto trovare di meglio. Questo può aver creato dei problemi. Forse, come ha detto anche Marotta, trovare degli accorgimenti che ne limitino il ricorso può essere utile. Si andrebbero ad agevolare le operazioni più importanti, senza rendere favorevoli, indistintamente, tutte le operazioni estere rispetto a quelle italiane”.

Gli intermediari ormai sono tra i protagonisti del mercato, anche in operazioni interne al mercato italiano. Perché si fa così tanto ricorso a questa figura?

“Le dico una cosa: quando facevo il commercialista e mio fratello faceva già il procuratore, non sapevo con esattezza in cosa consistesse l'attività dell'intermediario. Chi non conosce dall’interno i meccanismi e le dinamiche del calciomercato può far fatica. Quando ho iniziato a lavorare in questo settore ho capito che in molti casi il supporto di un intermediario è fondamentale, sotto vari punti di vista. Un club può avere la necessità di acquisire informazioni su un giocatore senza svelare le carte, evitando così di mostrare esplicitamente il proprio interesse o può avere l’esigenza opposta, ovvero di proporre dei giocatori propri senza però rendere noto che sono in uscita. Ma le dinamiche sono svariate. Inoltre deve avere un approccio diplomatico. Senza dimenticare l’aspetto professionale: penso che l’intermediario debba si avere delle conoscenze legate al calcio, ma che debba avere delle competenze anche in altri settori, a partire da quelle di carattere economico, finanziario e normativo. Capire le esigenze del club non solo dal punto di vista sportivo. Le operazioni sono diventate sempre più variegate, complesse e con risvolti di natura economico-finanziaria e l’intermediario deve sapersi evolvere ed essere di ausilio, in questo senso, ai club. Si sta andando verso una professionalizzazione della categoria, basti pensare ai corsi di aggiornamento che sono previsti dai nuovi regolamenti. Le norme di condotta sempre più stringenti e potrei andare avanti". 

E un mercato invernale così attivo se lo aspettava?

“La mia opinione è che tutto parta dal mercato estivo: è stato uno dei più complicati degli ultimi anni. Era difficile muoversi, i club si sono fermati e non hanno investito, sono saltate tantissime operazioni all’ultimo minuto. Un mercato di gennaio così movimentato è anche frutto dell’immobilismo estivo”.

Insigne, Kessie e forse Dybala dopo Donnarumma e Calhanoglu, per non pensare a Mbappè: si sta andando sempre più verso un mercato caratterizzato dai parametri zero e dai free agent?

“Non so se sia così. Ma, se così fosse, verrebbe meno una parte cospicua degli introiti dei club, quella legata alla gestione straordinaria, cioè la vendita dei calciatori. In un primo momento ne risentirebbero le società, ma alla lunga tutto il sistema, inclusi i calciatori ed i loro agenti”.