Il corto muso è morto, lunga vita al corto muso

Il corto muso è morto, lunga vita al corto musoMilanNews.it
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di Manuel Del Vecchio

Sono passate poche ore dalla vittoria di Udine e la sensazione è che sia già nato un nuovo Milan. Esagerato? Il titolo forse, ma ogni tanto si può anche uscire dagli schemi. Per il resto è stato proprio Allegri a dare l'indicazione quando in conferenza, venerdì pomeriggio, ha descritto la gara del Bluenergy Stadium come uno dei quattro snodi cruciali della stagione. Ha sicuramente sorpreso tutti e ha incuriosito, mentre nei calciatori è riuscito a scatenare l'effetto voluto: lo dice il risultato. Siamo solo alla quarta giornata di campionato, il Milan non ha mai giocato contro nessuna big, mancano ancora 82 punti per arrivare alla cima indicata da Max l'altro ieri: la squadra evidentemente non ha ancora fatto "niente". Ma nel calcio la normalità è molto relativa: l'anno scorso questo gruppo è arrivato ottavo e ha mostrato una propensione all'imprevedibilità spaventosa. Si poteva vincere, perdere o pareggiare con chiunque. E si è vinto, perso e pareggiato con chiunque. Risultato finale: ottavi ed una finale di Coppa Italia persa. 

Max ci tiene sempre a sottolineare come è inutile rivangare il passato: quel che è fatto è fatto, rimane lì. Appunto, rimane lì a monito. È solo la quarta giornata, e in un ambiente che passa dall’euforia alla depressione in 24 ore Allegri predica calma. Ma ha già caricato la mano, come si fa a briscola: l’Udinese era cruciale. Non Napoli e Juventus. Senza nulla togliere ai friulani, in realtà squadra rivelazione di questo avvio di Serie A, il tecnico livornese è stato bravo a togliere pressione dagli scontri più sentiti contro le rivali dirette e allo stesso tempo mantenere alta l'attenzione. Quest'anno è un Milan che non deve più replicare il fastidioso binomio Madrid-Cagliari.

E per farlo, non che ci sia qualche tipo di sorpresa, Allegri è partito dalla difesa. Cinque partite, due soli gol presi (contro i sei dell'anno scorso alla quarta giornata), occasioni concesse che si contano sulle dita di una mano ed è stata creata una parvenza di solidità difensiva. Come ci è riuscito? Sfruttando la disponibilità e la propensione del gruppo al lavoro e curando la fase di non possesso rendendola corale. È troppo importante non prendere gol ed in Italia, scusate la frase fatta, è storicamente così. Non si scappa: chi prende meno gol alla fine dell'anno raggiunge i propri obiettivi. Siamo quindi già nel pieno del "regno del terrore" di Max, di quel "corto muso" quasi asfissiante? Sembra proprio di no.

Calciatori come Modric, Rabiot e Pulisic, a cui presto si aggiungerà anche Leao, elevano il livello della squadra e di chi gli gioca intorno. C'è poco da fare: a calcio si gioca e si vince con i calciatori forti. Su questo ha sempre avuto ragione Max: sul terreno di gioco ci vanno 11 calciatori e si gioca con i piedi. È importante dargli punti di riferimento e sicurezze nei movimenti, ma poi sta a loro determinare. Allegri, col suo modo di fare livornese, ama scherzare nel dire che deve limitarsi a fare meno danni possibili, togliendosi di dosso meriti. Però nel Milan che ieri azzanna la partita ad inizio ripresa c'è tanto del lavoro suo e del suo staff. Quante volte nel corso delle ultime due stagioni ci si è chiesti con rammarico come sia stato possibile non chiudere match che sembravano già chiusi, permettendo agli avversari di andare a scombinare piani e risultati? Da come Allegri ieri sera ha maltrattato scrivania e bottigliette su in tribuna stampa, ha visto lì il match a causa della squalifica, è evidente come ci sia fissazione e desiderio di non prendere gol: bisogna evitare il più possibile situazioni che possano far rientrare in campo fantasmi del recente passato, almeno in una fase iniziale che è più delicata di quanto sembri.

Fatto questo, arriva il resto. L'azione che porta al 3-0 è di una semplicità e bellezza incredibile. Fosse stata fatta da una squadra allenata da un tecnico "giochista" avremmo già visto titoloni e prime pagine. C'è stato di tutto: sicurezza nell'uscita, pulizia tecnica, sapienza nel posizionamento, forza fisica e cattiveria nella conclusione di Pulisic. Quando lo statunitense tira, ha detto Landucci nel post partita, "i portieri suonano a morto". Lo ripetiamo allo sfinimento: è presto, è solo la quarta giornata, non è ancora stato fatto niente. Ma è troppo evidente di come per la qualità di questa squadra il corto muso è un concetto che va stretto: è un Milan che finora ha creato e ha pure sprecato. E soprattutto ha giocato senza Rafael Leao. Il corto muso è morto, lunga vita al corto muso.

È stato un Milan sempre in crescendo. Dalla squadra anemica vista contro la Cremonese ad un gruppo di calciatori già sicuro delle proprie qualità che è sceso in campo ieri al Bluenergy Stadium. Calma, sicurezza, qualità tecnica, straripanza fisica, intelligenza, normalità. L'ha detto Allegri: al Milan la normalità è la vittoria. Ma ci perdonerà lo stesso se ci stupiamo ugualmente nel notare questo cambiamento repentino in un gruppo che negli ultimi anni è sembrato una mandria di cavalli impazziti, con i suoi pregi e difetti. Max ed il suo staff li hanno imbrigliati bene e per ora sembra che il muso più che corto sia duro. La strada è ancora lunga e piena di ostacoli, ma stavolta il Milan ha finalmente le redini tirate dalla persona giusta.