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Longhi: "Rangnick? Scelgo Pioli, è italiano e lavora bene"

ESCLUSIVA MN - Longhi: "Rangnick? Scelgo Pioli, è italiano e lavora bene"MilanNews.it
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
mercoledì 6 maggio 2020, 17:00ESCLUSIVE MN
di Pietro Andrigo

La redazione di Milannews.it ha contattato Bruno Longhi, celebre giornalista sportivo, per commentare la possibile ripresa del campionato e la situazione in casa Milan. Queste le domande e le risposte:

La telenovela di questi giorni è quella riguardante la ripresa del campionato, specie dopo le decisioni in Olanda e in Francia di fermare il torneo. Alla luce di queste decisioni e all’imprevedibilità della situazione quale pensa possa essere la scelta più giusta per la Serie A?

“È chiaro che se teniamo conto dell’aspetto economico-finanziario la scelta più giusta sarebbe quella di ripartire. Però come dicono sia il Ministro della Salute e sia il Ministro dello Sport bisogna ripartire in totale sicurezza: ma la totale sicurezza chi ce la può dare? Fermo restando che sarebbe un finale di campionato molto anomalo in una stagione già resa decisamente anomala da quello che è successo”.

Secondo lei in quali aspetti si ridimensionerà maggiormente il mondo del calcio dopo questa situazione legata all’emergenza Coronavirus?

“È chiaro che se l’incidenza economica è forte e c’è poca disponibilità allora nel mercato ci saranno presumibilmente degli scambi, non ci saranno grandi colpi. Anche il calciomercato ne risentirà. Se viene a mancare la benzina economica per quelli che potranno essere acquisti importanti allora è chiaro che tutto viene ridimensionato. Io però direi che è meglio andare avanti così, un passo alla volta, vedere prima cosa succede, fermo restando che per me l’idea di far giocare le ultime dodici partite in un spazio di tempo ristretto, giocando magari tre partite alla settimana con i giocatori a rischio infortunio e anche nuovi contagi, resta un qualcosa che bisogna fare anche se non è quello che i tifosi vogliono. Il tifoso vuole rivedere il calcio di una volta, in stadi pieni e con un grande tifo. Per il momento però è utopia e quello sarebbe quindi un palliativo utile solo a rendere meno massiccia la perdita a livello economico”.

A proposito di calciomercato: il Milan deve far fronte ad una situazione spinosa, che è quella del rinnovo di Donnarumma. Secondo lei il club rossonero in questo momento è più orientato verso la discussione di un nuovo contratto o ad una cessione con conseguente plusvalenza da investire in altri giocatori importanti?

“Partiamo da due presupposti: come ho detto prima grande disponibilità economica per fare colpi di mercato come Donnarumma non penso che ci sia. E secondo non mi pare che il panorama calcistico relativo ai portieri veda grandi squadre con la necessità di acquistare un estremo difensore. Se Donnarumma va via dal Milan non va a giocare in una squadra da quinto-sesto posto in un altro campionato, cerca di andare in una squadra d’elite che faccia la Champions e che abbia possibilità di vincere. Per cui penso che la cosa più logica da parte del Milan dovrebbe essere quella, visti i tempi in cui ci troviamo, di rinnovargli il contratto alle stesse condizioni di ora e allungarglielo, così poi nei prossimi anni di poterlo vendere, qualora ci fosse la necessità di fare cassa, davanti ad un’offerta importante. In questo momento è chiaro che Donnarumma può anche decidere di rifiutare le offerte che gli arrivano e andare via a zero l’anno prossimo, ottenendo l’ingaggio che desidera. Chi non paga il cartellino gli può anche offrire un contratto da 10 milioni l’anno, però questo avverrebbe il prossimo anno. Oggi come oggi al Milan converrebbe prolungargli il contratto in modo di essere ancora il proprietario del cartellino e un domani, qualora il portiere decidesse di andare via, fare una grande plusvalenza; cosa che oggi vedo molto difficile”.

Dopo un anno e mezzo di lavoro, con tutte le difficoltà del caso, qual è il suo giudizio sul lavoro dirigenziale di Paolo Maldini?

“E un giudizio che tiene conto di diverse situazioni. Innanzitutto che non ha mai potuto esporsi in prima persona perché c’è sempre stato qualcuno, Leonardo prima e Boban poi, sempre sotto l’ombrello di Gazidis, e non ha mai potuto far vedere quella che effettivamente è la sua capacità dirigenziale. Per cui si rischia di dare una valutazione sbagliata. Io vorrei che gli venisse concessa la possibilità di operare in prima persona, poi potremmo tirare le somme. Sempre tenendo presente che ci sono dei problemi di bilancio al Milan. Un tempo di Galliani aveva, oltre alla sua competenza, una disponibilità economica incredibile per cui tutti i giocatori più forti arrivavano al Milan. Oggi chi fa il Galliani, che sia Maldini o Boban, non ha quella disponibilità, per cui andare sul mercato e arrivare prima degli altri è molto difficile”.

Qualche giorno fa Carlo Ancelotti ha detto che “il Milan deve avere paura degli allenatori scarsi e non di quelli stranieri”. Secondo lei in un momento come questo il Milan ha maggiormente bisogno di un allenatore che conosce bene il campionato italiano o di una rivoluzione?

“Lo dico chiaramente, io sono per Pioli e non per Rangnick. Questa ovviamente è una considerazione mia. Conosco bene Pioli e so come lavora, so che tipo di persona e di tecnico è. Su Rangnick invece posso esprimere solo dei pareri basandomi su quello che mi arriva da altre persone, non lo conosco personalmente. Però so che tutto quello che ha fatto, lui ha lavorato molto nella costruzione del mondo Red Bull, lo ha fatto nel momento in cui questa super potenza economica gli permetteva di andare ad acquistare le promesse più importanti che c’erano in giro per l’Europa”.

Quali sono le qualità migliori di Stefano Pioli?

“Pioli è un allenatore italiano di buon senso che conosce il gioco, conosce la tattica, si fa ben volere dai calciatori. Ha tutte le caratteristiche del bravo tecnico italiano, non dimentichiamo che a parte Guardiola, Mourinho e Klopp, che hanno dato davvero qualcosa di nuovo a livello di calcio internazionale, gli allenatori che hanno fatto meglio in questi ultimi vent’anni sono sempre stati italiani. Pioli quindi ha dalla sua l’italianità che secondo me è un biglietto da visita importante”.

Qual è una partita o un ricordo particolare che la lega al Milan?

“Un giorno in una premiazione mi ero trovato con Arrigo Sacchi ed elencando i suoi successi nel Milan ci siamo accorti che tutte le sue vittorie più importanti mi avevano coinvolto nelle telecronache delle partite. Diciamo che c’è tutto quello ma anche altro. Probabilmente sono legato in modo particolare alle prime due Coppe Intercontinentali, quelle contro il Medellin e l’Olimpia Asunción, perché erano gli anni dell’Intercontinentale che si giocava in partita doppia fra Sud America ed Italia. Era la prima volta che il Milan andava a vincere lì ed essere presenti, da protagonisti col microfono, è stato sicuramente un qualcosa che mi ha inorgoglito. Ce ne sono state altre, come quando ha vinto il primo Mondiale per Club, il 4-2 contro il Boca Juniors, c’ero sempre io a commentare”.