De Sciglio: "23 aprile 2017, Milan-Empoli: quella è stata l’inizio della fine. Ho sfiorato la depressione"

De Sciglio: "23 aprile 2017, Milan-Empoli: quella è stata l’inizio della fine. Ho sfiorato la depressione"MilanNews.it
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
martedì 21 giugno 2022, 15:20Gli ex
di Redazione MilanNews
fonte cronachedispogliatoio.it

Il sito delle "Cronache di spogliatoio" ha pubblicato il racconto di Mattia De Sciglio, ex terzino rossonero ora alla Juventus, il quale ha spiegato quando ha deciso di terminare la sua avventura al Milan (clicca qui per leggere l'articolo completo): "Alzo la testa e vedo che sulla lavagnetta luminosa c’è il numero 2. Il mio numero. 'De Sciglio, esce De Sciglio', sento gridare. Non ho molto tempo per realizzare, perché in quel preciso istante 70mila persone iniziano a fischiare. Fortissimo. Non capisco: sono stato dato in pasto ai leoni. 'Perché cazzo mi sta cambiando?', non riesco a chiedermi altro.

Il Milan è sotto 0-2 in casa contro l’Empoli, in campionato non stiamo andando bene. Tutta la squadra non sta giocando al meglio. Al 70’, mister Montella decide di cambiarmi. Quella è stata l’inizio della fine. La situazione era già compromessa, ma in quel preciso istante l’acqua ha traboccato dal vaso ed è diventata benzina sul fuoco. Un esterno per un altro esterno, entra Ocampos. I fischi sono talmente forti che non riesco a pensare. Mi siedo in panchina e vengo sopraffatto da vampate di calore, di rabbia. Ribollo. Non mi sono mai sentito come in quei secondi. Ero stato gettato nel vortice, messo nel mezzo e dato in pasto ai tifosi per lavarsene le mani. Ero incazzato. E poi i fischi: stiamo giocando tutti male, perché per l’ennesima volta sono io il capro espiatorio?

Mi faccio la doccia e dentro esplodo. Raggiungo i miei genitori nel garage dello stadio, dove mi stanno aspettando per tornare a casa. Salgo in macchina e imbocchiamo il tunnel d’uscita. C’è un po’ di coda, mio padre frena e si mette in fila. Un tifoso, con in mano una birra e chissà quante altre bevute prima, si avvicina e grida: 'Qui dentro c’è De Sciglio!'. Inizia a insultarmi, si crea un capannello di persone. 'Vattene alla Juventus'. Mi offendono perché qualche giornalista ha messo in giro la voce che ho già firmato con la Juve. Non è vero, ma ci torniamo dopo. Mio padre scende dalla macchina e prova a calmarli, a fargli capire che non si può mortificare una persona. Niente, iniziano a spintonare.

A quel punto non ci ho visto più. Buio, tutto nero.

Sono sceso e ho fatto l’errore di reagire. Non sono riuscito a tenermi dentro tutte le emozioni negative che vivevo. Ho sbagliato, ma avevo visto i miei genitori tirati in mezzo a questa storia. Terribile.

Quello è stato il punto di rottura. Era la sera del 23 aprile 2017 e, a raccontarvela, mi scaldo ancora. Come ci siamo arrivati è un percorso tortuoso, nato dalle dinamiche malate del nostro mondo e successivamente processato dalla mia mente, che era diventata un muscolo incancrenito, non allenato a certe circostante. Cicatrici, ma non quelle causate dal coraggio. Di quelle, quando le riguardi, tutto sommato ne vai fiero. Pensi che ne sia valsa la pena. Le mie sono cicatrici violente, che per cicatrizzarsi hanno avuto bisogno di altre ferite. Le ho fatte respirare, hanno preso aria e, adesso, forse sono orgoglioso anche di loro. O almeno del percorso che abbiamo vissuto insieme. [...]

Nessuno ti prepara al baratro. Ho iniziato ad avere problemi fisici che mi hanno condizionato, trascorrendo un anno e mezzo con un minutaggio al ribasso e incostante. Non ho avuto problemi gravi, tutti stop di qualche settimana: tornavo, e dopo due partite mi fermavo nuovamente. Non avendo continuità, faticavo nel mantenere un certo livello di prestazione. Sono iniziate le critiche della stampa e dei tifosi. Mi hanno ferito, facevano male. Non me le aspettavo, ma non è questo il punto. A ferirmi è stato l’accanimento. Ero passato dal paradiso all’inferno. Mi mancavano di rispetto solo per poter dire che avevo giocato da schifo. Mi arrabbiavo. Secondo me il rispetto deve essere alla base della vita: accetto di sentirmi dire che non ho giocato bene, non oltre. Si era creata un’immagine distorta, e anche quando facevo delle partite positive, saltava fuori un pretesto per attaccarmi. Se c’era un mezzo errore, veniva sottolineato con vigore. [...]

Mi sono chiuso in casa. Vivevo in un vortice di pensieri negativi, dove mi sentivo in difetto anche nell’andare a cena con la mia fidanzata a metà settimana, oppure portare fuori mia madre. Mi sentivo sbagliato nel farmi vedere fuori. Preoccupato del giudizio delle persone. Ero preso alla sprovvista da una situazione anormale. Non sono riuscito a gestirla nel modo giusto e mi ha portato a una chiusura interiore.

Mi mancava proprio il Mattia di prima.

Mi mancava la felicità. Faticavo a sorridere. Sono un ragazzo solare, che cerca compagnia e scherza sempre. Mi ero trasformato nella mia nemesi. Chiuso, in casa, a pensare che godersi la vita fosse un eccesso che per niente al mondo mi potevo permettere. A pensare che forse, sentirmi sensibile e fragile, fosse un lusso per questo mondo.

La prima volta in cui i miei genitori hanno incontrato Stefano Tirelli, il mental coach che mi ha aiutato a uscire dal baratro, gli hanno detto: 'A noi il Mattia calciatore interessa relativamente. A noi preme il Mattia figlio, gli restituisca il sorriso e saremo contenti'.

Abbiamo iniziato un percorso che mi ha permesso di ritrovare la serenità. Mi ha detto che ho sfiorato la depressione, uno stato in cui nessuno si accorge di entrare. Ho imparato a lavorare con la testa attraverso un lungo percorso che mi ha permesso di capire chi sono veramente, e che sono arrivato a certi livelli è perché me lo merito. La fortuna te la vai anche a cercare. Le cose accadono per un motivo. La determinazione nel raggiungere gli obiettivi che mi ero posto da bambino mi ha portato dove sono. Dedicavo giornalmente del tempo per lavorare con la mente. Nel nostro primo incontro, avevo gli occhi spenti. Due sedute a settimana, tanto lavoro psicologico e la digito-pressione. Abbiamo utilizzato anche dei metodi della medicina cinese. Un percorso stimolante. [...]

La notte di Milan-Empoli si avvicina. Mi ero ripreso e anche l’Europeo era andato alla grande. Mattia era tornato, ancor prima di De Sciglio. Dopo qualche mese, comunico alla società che non avrei rinnovato il contratto in scadenza. Una scelta sofferta, ma erano successe troppe cose e necessitavo di cambiare ambiente. Pensavo che il club avrebbe potuto tutelarmi maggiormente, avevo immagazzinato troppo rancore. A gennaio leggo: 'De Sciglio non rinnova perché ha già firmato con la Juventus'. Rimango colpito, perché io non avevo ancora sentito nessuno. Erano voci messe in giro dai giornalisti, e i tifosi sono stati condizionati. Purtroppo, nel nostro Paese, è una pratica comune. Il mio presunto accordo è diventato l’ennesimo pretesto per attaccarmi e criticarmi con ancora più cattiveria. Ad aggravare la situazione, gli infortuni di Montolivo e Abate fecero cadere la fascia di capitano sul mio braccio. Le mancanze di rispetto erano all’ordine del giorno".