Cinema e silenzio stampa per niente: non era rigore. Possibile che ogni partita del Milan diventi caso nazionale?
Lazio in silenzio stampa, fior di opinionisti esplosi in trasmissioni tv e dirette social, addirittura il Presidente del Senato (!) ha detto la sua (per amore di verità va detto che a La Russa è stata posta domanda specifica, ndr) sull'episodio che ha coinvolto Collu, il VAR, Pavlovic, Romagnoli e Marusic negli ultimi minuti di Milan-Lazio di sabato 29 novembre a San Siro. Per cosa poi? Per nulla. Una situazione, diventata l'ennesimo caso nazionale, che il designatore AIA Rocchi ha liquidato in pochi secondi nell'ultima puntata (clicca QUI) di Open VAR: "Non ci sono dubbi, non era rigore. È una decisione che andava presa con un check di 15 secondi perchè non era punibile. La cosa che mi sorprende è che il VAR va in quella direzione subito e non capisco cosa possa essere scattato nella testa di questi ragazzi".
Siamo alla tredicesima giornata di campionato ed il clima dopo ogni partita è diventato già fastidioso. Se le reazioni in campo, per quanto antipatiche e forse esagerate (non bene che Collu per un'OFR ci abbia messo 7 minuti), sono giustificabili dalla foga e l'adrenalina del momento, quello che è diventato insostenibile è la pletora di attacchi mirati dopo ogni partita del Milan in cui possono esserci episodi dubbi o quantomeno da analizzare. La verità è che chi partecipa a questo giochino non ha nessun interesse (e anche nessuna competenza) nel fare un approfondimento su quanto successo; è importante solo fare "caos mediatico", mettere pressione e far passare linee di pensiero che poi nel corso della stagione verranno ripetute come un mantra, che però parte da una base evidentemente sbagliata.
A leggere l'ondata di indignazione che ha attraversato il paese calcistico nel weekend si poteva pensare a chissà quale scandalo, quando poi sono bastate tre parole del designatore AIA per mettere un punto a tante chiacchiere inutili: "Non era rigore". Non c'è mai serenità nell'accettare quello che succede in campo, anche quando non ci sono errori o situazioni dubbie. Poi quando non ci si può attaccare al fattore arbitrale si vira su pensieri e slogan bizzarri, come quello dei portieri da invertire post derby.
Dopo 13 giornate il Milan è a pari punti con il Napoli campione d'Italia di Antonio Conte. L'orgoglio dei tifosi e dell'ambiente più che per la posizione in classifica è per come una squadra che è arrivata ottava l'anno scorso e che era tutto tranne che "squadra" abbia ritrovato innanzitutto dignità sportiva grazie al suo allenatore, al nuovo assetto dirigenziale e nuove regole nello spogliatoio. Chi racconta il Milan tutti i giorni ha già intercettato questo sentimento ormai da settimane, chi racconta polemiche e falsa imparzialità non ha interesse nel farlo.
Non esistono arbitraggi pro o contro, esistono situazioni interpretabili in modo diverso o errori arbitrali che casualmente possono favorire una squadra. Ma in 38 giornate di campionato, ovviamente l'augurio è che di polemiche ce ne siano sempre meno, ogni cosa tende ad equilibrarsi. Anche perché il Milan ha già affrontato situazioni in cui le decisioni arbitrali non sono state quelle giuste: vedi il rigore contro il Bologna di Nkunku, il secondo gol del Pisa con fallo su Gabbia, o magari il fallo non fischiato su Ricci lanciato a rete nel finale di Lecce-Milan. È anche poco edificante andare a fare il solito listone perché vorrebbe dire abbassarsi al livello di chi non riesce a trovare serenità mentre parla di calcio.
Che un club di Serie A, una società professionistica di alto livello, si chiuda nel silenzio stampa dopo una sconfitta facendo "parlare le immagini", e queste immagini sconfessano immediatamente questa forma di protesta è un qualcosa che si commenta da solo. In tutto questo a Milanello sono impermeabili a discorsi di questo tipo: Max Allegri tiene dritta la barra e non permette distrazioni. Si lavora tutti con un obiettivo chiaro in mente: è il campo che parla, le chiacchiere vanno lasciate agli altri.

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