Lo stato dei campi di Serie A: tutte le strade portano alla soluzione ibrida

Come se la passano i campi della Serie A? E' la domanda che si pone La Gazzetta dello Sport, nella sua analisi odierna dopo il caso Olimpico rilanciato domenica dalle dichiarazioni di Maurizio Sarri al termine di Lazio-Udinese, con relativo impegno comune fra il club biancoceleste e Sport e Salute per lavorare alla soluzione. Una prima panoramica - si legge - non presenta grandi criticità, piuttosto una rotta ormai consolidata: la tendenza sempre più marcata a ricorrere alla cosiddetta soluzione “ibrida”, un misto di erba naturale e sintetica. Mezzo campionato si gioca già su questo tipo di campi, ma non è un caso se questa scelta è stata fatta negli stadi più a nord: i due di Torino, Milano, Genova, La Spezia, Monza, Bergamo, Reggio Emilia, Udine e Verona.
"Al Centro-Sud - spiega a La Gazzetta dello Sport Giovanni Castelli, consulente della Lega e agronomo di riferimento per tutto il mondo del calcio - l’erba naturale va molto bene in estate, ma quando cominciano le piogge e muta il clima, c’è la necessità di “cambiare d’abito”, l’erba va sostituita con quella che chiamiamo conversione floristica. Una problematica complicata in un calendario affollatissimo. E mentre a Napoli si fanno i conti con una sola squadra, a Roma ce ne sono due e tutte e due impegnate sui due fronti, campionato ed Europa League. Quindi i giardinieri hanno fatto quello che hanno potuto. Il consiglio che darò è quello di scegliere la soluzione ibrida. Altre situazioni di criticità in questo momento non ce ne sono".

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