Kakà: "Sono al punto di prima: il piede fa male, non so quando torno"

Kakà: "Sono al punto di prima: il piede fa male, non so quando torno"MilanNews.it
lunedì 16 marzo 2009, 14:50Primo Piano
di Antonio Vitiello
fonte sportmediaset.it

Ventisette minuti da cancellare con rabbia, quelli disputati da Ricardo Kakà a Siena. Prima, un gol facilissimo fallito clamorosamente; poi, il pestone al delicato piede sinistro: l'atterraggio morbido del ritorno in campo si è trasformato in uno scontro che rischia di rispedire a lungo in infermeria il campione brasiliano: "Sono molto preoccupato -ha confessato amaramente Kakà negli spogliatoi- non so quando potrò tornare a giocare".

Quello che ha più colpito i presenti a Siena è stato il palese sentimento di angoscia espresso da Ricky mentre spiegava quanto successo: "Non so più che pensare -ha detto- ho sentito lo stesso dolore dell'altra volta. E' arrivato un pestone (da Del Grosso e Ficagna, ndr), la muscolatura ha come ceduo e adesso sono esattamente al punto di prima, non so quando mi potrà passare".

Allegria, per dirla alla Mike Bongiorno. E le paure di Kakà sono purtroppo certezze per Christian Abbiati, finito a terra con il ginocchio destro in pezzi dopo uno scontro con il compagno Beppe Favalli. Manca l'ufficialità, ma la diagnosi è certa quanto impietosa: lesione del legamento crociato anteriore e del collaterale mediale. Una botta che lo terrà lontano dai pali per almeno sei mesi. Un vero peccato, una vera disdetta per il Milan e per il diretto interessato, protagonista fino al momento del crack di una stagione assolutamente positiva, regolare, che lo stava riportando nel giro della Nazionale. Il portiere milanista verrà visitato martedì ad Anversa dal "solito" professor Martens e sicuramente operato entro la fine della settimana appena cominciata: una nuova, indesiderata iscrizione nell'incredibile lista degli infortuni rossoneri 2008/09. "Ho chiesto a Berlusconi se possiede qualche antidoto alla malasorte -ha provato a sdrammatizzare Adriano Galliani- e mi ha detto di no". Ai superstiti, non resta quindi che incrociare le dita.