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Carmignani: "Il Milan farà di tutto per tenere Gigio. Ok Gazidis, ma con un progetto. E su Pioli..."

ESCLUSIVA MN - Carmignani: "Il Milan farà di tutto per tenere Gigio. Ok Gazidis, ma con un progetto. E su Pioli..."MilanNews.it
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 22 marzo 2020, 17:00ESCLUSIVE MN
di Salvatore Trovato

La redazione di MilanNews.it ha intervistato Pietro Carmignani, ex preparatore dei portieri nonché viceallenatore rossonero sempre con Arrigo Sacchi in panchina. Con lui abbiamo parlato del momento del Milan e del futuro di alcuni calciatori (Donnarumma e Ibra) e dell'allenatore Pioli.

Il futuro di Donnarumma è ancora incerto. Lei lascerebbe partire un talento così?

"La società deve operare in base a quello che ha, quindi traccerà delle linee e farà dei programmi. Cedere Donnarumma sarebbe un sacrificio enorme. Sicuramente il Milan, prima di fare questa cosa, batterà tutte le strade possibili per evitare la sua cessione. È un valore aggiunto della squadra, a parer mio per quindici anni sarà ancora sui livelli dei più bravi, forse sarà il migliore. Ma la società deve fare i conti con i bilanci".

Con il contratto in scadenza nel 2021, il Milan rischia di dover cedere Gigio a 20-25 milioni.

"Sarebbe una cifra davvero bassa. È evidente che dovranno provare a difendere anche il valore che il ragazzo ha raggiunto crescendo e giocando nel Milan. Non conosco la strategia della società, ma da un punto di vista non solo morale ma anche finanziario credo che il Milan farà di tutto per salvaguardare il suo capitale, che è enorme".

Ma trattare con Mino Raiola non è mai semplice.

"No, non è facile. Ci sono tante sfaccettature della vicenda. Non nascondo che sia difficile trattare con i manager e, soprattutto, con Raiola, uno che fa molto di più gli interessi dei suoi assistiti che delle società. È una legge di mercato: chi ha di più, offre di più. Il mondo del calcio va così. Tutti vogliono giocare nelle squadre che hanno potenzialità per vincere la Champions, i giocatori, ovviamente, sono ambiziosi. Ma credo che Donnarumma debba molto molto molto - e non finirò mai di dirlo: molto! - al Milan. E dovrebbe saperlo anche Raiola".

Un altro giocatore in bilico è Ibrahimovic. Lei punterebbe ancora sullo svedese?

"Quando hai una certa età non puoi sapere come sarà il tuo rendimento l’anno dopo. Non è come passare dai 25 ai 26 anni o dai 31 ai 32. Faccio un esempio: Federer cosa potrà essere il prossimo anno? La società farà le sue valutazioni in base anche alle conoscenze che ha sotto il profilo fisico. È tutto monitorato. Ibra ha dato una scossa a tutti non soltanto sotto l’aspetto morale, ma anche sotto l’aspetto dell’agonismo e del gioco. E risultati si sono visti. Il Milan si è ripreso e non ha i punti che meriterebbe. I rossoneri hanno avuto più fatti casuali contrari che favorevoli e meriterebbero almeno 3-4 punti in più di quelli che hanno, forse anche 5. Il lavoro di Pioli si è visto: il Milan non è più stato alla mercé degli avversari, ma spesso ha imposto il suo gioco".

A proposito di Pioli: a fine stagione potrebbe essere sostituito. Lei lo confermerebbe?

"È fuori di dubbio. Non discuto i meriti di chi porterà un altro allenatore e le sue conoscenze, ma io, se fossi il Milan, terrei Pioli. Perché lavora bene, non è uno che si vende con paroloni. È concreto e si vede il gioco. Il risultato, a volte, dipende anche da fatti casuali, ma la prestazione no. E il Milan, secondo me, ha fatto un notevole balzo in avanti sotto questo aspetto. Con Pioli sono arrivate prestazioni superiori a quelle precedenti. Mi piacerebbe vederlo lavorare programmando dall’inizio. La cosa più importante, per un allenatore, non è imporre il sistema di gioco ai calciatori, ma adattarlo alle loro caratteristiche. E Pioli lo sta facendo. Non ha dogmi, non ha paraocchi, non è un integralista. È aperto, come il calcio: un gioco che varia continuamente".

Il progetto del Milan non è chiarissimo. E i tifosi sono preoccupati.

"Il discorso è abbastanza lungo e difficile. Il Milan l’anno scorso è partito con un allenatore che aveva un'idea di gioco e ha cercato di costruire la squadra secondo le sue idee. Poi il progetto non è riuscito e il nuovo tecnico si è dovuto adattare a quello che aveva, ricorrendo nel mercato di gennaio a quello che era possibile. Alla base di tutto, quando le squadre vanno bene o male, c’è sempre la società, che dà l’indirizzo. Ma la programmazione dipende anche dalle disponibilità economiche. Ai tempi di Berlusconi e Sacchi il Milan era tra i club più forti al mondo e i giocatori più importanti arrivavano in Italia, non soltanto in rossonero. Oggi i calciatori più forti non arrivano qui da noi o arrivano solo dopo grandi operazioni e intuizioni di mercato, com’è stato per Ronaldo. La forza di quel Milan era dettata della potenza della società, rappresentata da Berlusconi e dal quel grande direttore che era Galliani e da quel grande allenatore che era Arrigo Sacchi. È un connubio di cose, ma tutto partiva dal vertice".

Il "problema" è che questo Milan è guidato da un fondo, quindi da un proprietario che non ha un volto.

"Tutto dipende da chi viene rappresentato il fondo e dalle risorse economiche che il fondo stesso mette a disposizione. Non si possono costruire grandi progetti se le possibilità economiche sono limitate. Allora è meglio fare come il Parma e l’Atalanta, società che vivono di grande intuito sul mercato e di scouting e ricerca di giocatori. La speranza è che, fondo o non fondo, ci sia a disposizione quanto necessario per fare una squadra importante".

Il budget è importante, ma lo sono anche gli uomini che lo gestiscono. Al Milan, però, capita che i dirigenti dell’area sportiva si scontrino con Gazidis.

"A me Gazidis, vedendolo da fuori, sembra una persona di alto livello per dirigere delle società. Lo ha fatto precedentemente. Ma dal punto di vista tecnico, anche lui dovrà avere delle persone che sappiano consigliarlo per il meglio. Perché Gazidis non va in giro a vedere le partite e i giocatori. Ci sta in una società una figura come lui, ma sopra deve esserci un presidente che ha possibilità economiche. Poi ci sono i dirigenti o gli osservatori. Galliani non comprava i giocatori soltanto perché glielo diceva Sacchi, dietro c’era tutto uno studio accurato. Così come ci sono i grandi calciatori, ci sono i grandi dirigenti e i grandi osservatori. Al Milan, però, non basta scovare giovani, ma servono anche giocatori già affermati. Tutto dipende dalla dimensione che si vuole avere: se il club vuole puntare solo sui giovani si fa un certo progetto, se invece la disponibilità economica è superiore si va a comprare profili già pronti per la prima squadra".

Più che i cartellini, però, il problema sono gli ingaggi.

"Esatto. Si parla spesso di giocatori a parametro zero, ma poi gli danno 5 anni di contratto a 6 milioni netti all’anno. Io sono a favore di Gazidis, ma serve una società sopra, un presidente potente e poi delle persone intelligenti calcisticamente che sappiano scegliere l’allenatore, che a sua volta farà delle scelte sui giocatori. Il progetto dipende dalle possibilità economiche. Se parti con cento puoi fare tot, con cinquanta fai tot, ma se parti con venti non puoi fare miracoli".

E serve anche un minimo di fortuna, è d’accordo?

"Non lo ritengo esatto. Perché dev’esseci prima di tutto una ricerca accurata. Poi il ragazzo può anche perdersi perché è lontano da casa o perché gli vengono altre idee in testa e non è più partecipe. Ci sono tanti esempi di talenti che si sono persi per strada".