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Tognazzi: "Puntare ancora su Ibra è doveroso. Gigio non va ceduto per nessun motivo"

ESCLUSIVA MN - Tognazzi: "Puntare ancora su Ibra è doveroso. Gigio non va ceduto per nessun motivo"MilanNews.it
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
sabato 14 marzo 2020, 17:00ESCLUSIVE MN
di Pietro Andrigo

Celebre attore italiano e verace tifoso milanista, Gianmarco Tognazzi sprigiona una passione pura e un’incredibile lucidità di analisi quando parla dei colori rossoneri e non solo.  In un momento di grande emergenza per l’Italia, la redazione di Milannews.it lo ha contattato per commentare le ultime vicende che hanno riguardato il calcio italiano e il Milan, una squadra - che a detta dello stesso Tognazzi - è sempre stata e sempre sarà una costante della sua vita. Queste le domande e le risposte:

Stiamo vivendo una situazione di grande emergenza dove il calcio viene in secondo piano. Che cosa ne pensi delle decisioni scelte?

“L’ indecisione dei primi giorni se giocare a porte aperte, a porte chiuse o non disputare proprio alcune partite denota grande confusione. Credo che la scelta di sospendere il campionato e della chiusura totale degli stadi, come è stato fatto, andava fatto prima non solo per il calcio ma per tutte le attività. Capisco che per questioni di ordine pubblico dare un annuncio del genere da subito poteva creare allarmismo ma era l’unico modo per fermare, sin dall’arrivo, la veicolazione del contagio. Oggi veniamo presi anche da esempio dagli altri stati perchè la sfortuna di essere i primi in Europa dà una conoscenza e una presa di coscienza del problema che è anticipata rispetto alle altre nazioni che ci circondano. La speranza è quella di mantenere questi comportamenti non solo per la prima settimana ma per tutto il periodo stabilito, evitando dopo sette giorni di ritornare a pensare al proprio orticello. La lezione di questa epidemia è quella di ragionare con il “noi” e non con il “io” perchè purtroppo siamo un popolo che, nelle sue caratteristiche, guarda egoisticamente alle proprie esigenze rispetto a quelle della comunità. Questa epoca, invece, insegna che questa credenza va cambiata. Nell’analizzare questa situazione non serve né la fenomenologia del disastro né la sottovalutazione del virus a semplice influenza. La cosa che a me ha dato molto fastidio, dal punto di vista sportivo, è il fatto che in materia di ordine pubblico non ci può essere l’interesse di una singola squadra rispetto alla volontà di una determinata federazione ma bisogna rispettare delle regole date dallo stato. Se la prima disposizione è “si gioca a porte chiuse”, ci si attiene questa decisione senza creare polemiche. La follia più grande, secondo me,  è stata raggiunta quando è stata disputata l’Europa League a porte chiuse mentre si sono giocate alcune partite al sud a porte aperte con il rinvio delle gare al nord. Poi è arrivata la Coppa Italia dove il primo giorno si dice che si giocherà a porte aperte mentre il secondo giorno si raggiunge l’assurdità dicendo che si gioca a porte aperte solo per i residenti in Piemonte. Questa, senza dubbio, è la più grande stupidaggine che abbia sentito nella mia vita ma per il fatto che la residenza non c’entra nulla con il tipo di commistione che si può creare all’interno di uno stadio. Non è accettabile poi che le decisioni arrivino due ore prima costringendo il Milan o per esempio la Spal (nella gara con il Parma, ndr) a fare il viaggio con il rischio di non giocare. Mi sembra che ci sia uno stato confusionale grosso che non ha portato niente dato che l’unica decisione, per chiunque stia affrontando questo virus, è quella di fermare tutto.”

Sono tante le ipotesi al vaglio per il campionato: dall’annullamento, ai playoff fino alla prosecuzione del torneo in estate. Quale potrebbe essere la scelta più giusta o quella che la intriga di più?

“Non credo che ci siano possibilità di alcun tipo di playoff o playout  non solo per l’impraticabilità della formula ma anche per i tanti contagi tra i calciatori usciti nelle ultime ore che creano una situazione fuori controllo. Io credo che l’unica soluzione sia l’invalidazione del campionato perchè la problematica non credo possa essere risolta, in maniera univoca, prima di settembre. Proseguire il campionato sino in estate, infatti, potrebbe inficiare la preparazione atletica delle squadre oltre alla ripartenza del campionato che dovrebbe essere posticipata. Il diktat numero uno è quello di comportarsi in maniera ligia e consapevole perchè altrimenti rischiamo di ritrovarci ad agosto a parlare che forse a gennaio riprenderemo a giocare. Secondo me da qui fino a fine Aprile diventa difficile fare qualsiasi tipo di analisi o previsione.”

Queste settimane sono state tempestose per il Milan anche sul fronte societario. Nelle discussioni, si sa, gli errori sono sempre da ambo le parti ma dove pensi che abbia sbagliato Gazidis e dove Boban?

“Nella discussione tra Boban e Gazidis la domanda che mi pongo, rispetto a Gazidis, è questa: alla fine della stagione scorsa vengono mandati via Leonardo e Gattuso perchè evidentemente non era soddisfatto del loro operato, dal momento che può fare il progetto tecnico che più desidera per quale ragione chiede a Maldini di andare a scovare Boban togliendolo dalla Fifa e mettendolo in discussione? A questo si aggiunge il fatto che sono stati imposti determinati diktat dalla società ovvero la scelta di allenatori di fascia b e potenzialmente di fascia a oltre alla ricerca di giocatori che rispettino determinati profili economici e tecnici. Non riesco a capire perchè imporre queste limitazioni a Boban e Maldini, scegliendoli e dandogli la guida dirigenziale conoscendo la loro inesperienza nel settore e il loro carattere. Boban e Maldini, probabilmente contrari a questi diktat, hanno comunque rispettato le decisioni scegliendo giocatori giovani, rispettando il FairPlay e scegliendo un allenatore come Giampaolo pur sapendo che tutti i primi due mesi di tutte le squadre dell’ex Sampdoria sono stati problematici. Non era neanche difficile immaginare questo scenario, quindi, se lasci la libertà di quella scelta poi mantieni coerenza anche nei momenti di difficoltà, anche se sono il primo a dire che non mi piaceva il Milan di Giampaolo. Anche perchè pensando ad altri allenatori di fascia b che avrebbero potuto scegliere, i nomi alternativi sarebbero stati quelli di Pioli, D’Aversa o Di Francesco. Questa consapevolezza mi sembra ovvia anche perchè i contatti con Allegri, Sarri o Conte c’erano ma è stato detto di no perchè avrebbero implicato l’acquisto di giocatori che il Milan non poteva permettersi per questione di bilancio. I dirigenti si sono attenuti a questi diktat pensando di avere un minimo di libertà nel loro campo ma evidentemente non è stato così. Perchè poi analizzando i giocatori scelti da Maldini, con l’arrivo di Ibrahimovic, i vari Bennacer, Rebic o Theo hanno cominciato a rendere ad altissimi livelli oltre a Castillejo, un altro profilo scelto da Paolo. Maldini, infatti, l’anno scorso mise due fiches Bakayoko e lo spagnolo che poi, uno la scorsa stagione e uno questa hanno dimostrato di essere giocatori importanti. I vari Suso o Piatek per esempio, ceduti a Gennaio non sono stati portati da Maldini così come Paquetà. Allora mi sembra che in questa analisi la dirigenza con i propri limiti e con quelli dati dalla proprietà si sia mossa, tutto sommato, bene. L’arrivo di Ibrahimovic, sempre scelto dai due, dimostra poi la grandissima verità che i giocatori di esperienza portano risultati e cominciano a far fruttare tutti quei giocatori giovani e di seconda fascia. Dopo un mese di questo trend positivo, tanto ricercato, si fa uscire inspiegabilmente la notizia della ricerca di un nuovo allenatore, una comunicazione che, anche se vera, andava smentita categoricamente perchè andavano difese le posizioni delle persone incaricate in quel momento. Probabilmente Boban ha sbagliato a scontrarsi con la proprietà a stagione in corso, avrebbe dovuto aspettare la conclusione come Leonardo, ma il suo carattere e la sua serietà lo hanno spinto a rispondere, in maniera tutto sommata educata, ad una provocazione. Da questo si è scatenato un putiferio che ognuno può vedere come vuole, ma penso che l’errore sia collettivo scatenato da una provocazione e una risposta."

Il casus belli è il nome che circola, da molti giorni, ovvero quello di Rangnick. Pensando inevitabilmente alla prossima stagione daresti fiducia a Pioli o ti affideresti all’allenatore tedesco?

“Leggendo le informazioni su Rangnick c’è molta confusione, perchè il suo passato parla di lui come un allenatore capace di portare una squadra dalla terza serie in Bundesliga, di un tecnico che è anche dirigente ma anche di una persona che ha lasciato la squadra per esaurimento nervoso. Se so che le squadre di Giampaolo non girano nei primi due mesi, so anche che questo allenatore ha lasciato una formazione per problemi di stress quindi mi baso su dati di fatto. Magari è bravissimo, però in generale secondo me vale solo una regola e la dimostrazione è data dalla Lazio e dall’Atalanta: continuità. Questa viene data da un allenatore confermato negli anni che applica un sistema di gioco da cui nascono gli automatismi e da una serie di giocatori che diventano lo zoccolo duro della squadra per compattezza e personalità. Se questo non viene fatto, questi sono i risultati. Il Milan non fa questo processo dai tempi di Allegri e dalla cessione di Thiago Silva e Ibrahimovic: se i rossoneri non avessero ceduto i due e se avessero rinnovato Pirlo, questi giocatori avrebbero potuto tramandare la leadership della squadra e il Milan sarebbe andato in Champions altre quattro volte nei successivi otto anni. La conferma? Ritorna Ibrahimovic e si ricomincia a vedere compattezza. Seguendo corsi e ricorsi storici il mio Milan è finito da quando sono stati ceduti Ibra e Thiago Silva e potrebbe ricominciare, se fossi io il dirigente, proprio da loro due perchè sono giocatori di esperienza e con un attaccamento al Milan che potrebbero tramandare ai giovani di belle speranze come fece Baresi con Maldini, Paolo con Nesta e Sandro con Thiago Silva. Questa è la storia del Milan, noi abbiamo inventato questo e lo abbiamo rinnegato. Per questo per me il Milan deve ripartire da Pioli per una questione di continuità come avrei mantenuto anche con i precedenti allenatori, perchè chi lavora deve avere il tempo di andare bene, andare male e trovare la quadratura del cerchio per dare segnale di compattezza. Perchè non va bene cambiare allenatore ogni 6 mesi, non è giusto cambiare dirigenza ogni anno o rivoluzionare la proprietà ogni due anni. Il modo per vincere la continuità non il business economico che non ha niente a che fare con lo sport."

Ibrahimovic ha avuto un grandissimo impatto sia sul campo che nello spogliatoio, ti ha stupito?

“Ibrahimovic non mi stupisce e non mi stupirà mai primo perchè è un campione assoluto e secondo perchè se prima aveva una sorta di difetto caratteriale, se così si può definire, ora ha una saggezza e un autocontrollo straordinari raggiunti con grande maturità. Ibra è un acquisto al discount perchè, indipendentemente da come finirà il campionato e se si concluderà, per 6 mesi hai portato a casa un bene assoluto. Già lo avevi svenduto per l’irrisoria e vergognosa cifra di 24 milioni al Psg, riportarlo a casa è un colpo straordinario sotto tutti i punti ti di vista. Puntare su Ibrahimovic per la prossima stagione è doveroso perchè lo svedese se il Milan vuole tornare in alto, avere degli introiti del marketing e avere un senso di appartenenza importante deve averlo in squadra. Il Milan ha bisogno di icone in questo momento e fondamentalmente ne ha due: Ibrahimovic e quel signore chiamato Gianluigi Donnarumma, un campione unico, un fuoriclasse e una bandiera che non va venduta neanche per tutti i soldi del mondo. Se il Milan, come ha detto anche Gattuso l’anno scorso, riesce a fare il connubio tra giocatori di esperienza e classe in ogni reparto e atleti di prospettiva, allora si può anche arrivare lontano tramite la costruzione di una filosofia di continuità che dura tanto tempo.”

Il ricordo più bello da milanista che hai?

“La mattina quando avevo 4 anni che mio padre mi disse di uscire con lui, vivevamo a Galliate Lombardo a 10 km da Milanello era il 1971 e prendendomi per mano mi portò in questo posto che non conoscevo che sembrava una campagna inglese. Entrammo, salutò molti signori, mi portò negli spogliatoi pieni di vapore delle docce e vidi queste splendide magliette rossonere appese ovunque. Il mio ricordo è questo, il momento in cui mi innamorai dei colori rossoneri. Il tifo quando è vero amore crea una certezza sola: la proprietà, i dirigenti, gli allenatori e i giocatori passano ma l’affetto per una squadra, il mio amore per il Milan non passerà mai. Questo però non vuol dire che chi lo gestisce può fare quello che vuole perchè il mio amore è per la maglia e non per le persone che capiscono il valore fondamentale della malattia di un tifoso. Non si sa perchè si innamori di quei colori, non si sa perchè si pasteggia con corpo, mente, rabbia e gioia ma è così, un tramando famigliare e l’unica certezza che si ha. Da quando sono bambino c’è il rosso e nero, quindi il momento più bello è quando ti ammali e incontri l’amore per la tua squadra del cuore. A livello calcistico ho avuto la fortuna di vivere tutte le stagioni del Milan, dalla serie B a quando scappavo da Roma di nascosto per vedere il Milan facendomi otto ore di treno fino a quando ho fatto tutte le grandi trasferte da Barcellona a Manchester a Monaco. Vedere poi che la mia stessa passione mio padre l’ha tramandata a me e io l’ho tramandata a mio figlio, questo dice tutto. Le mie parole sono parole d’amore per il Milan che è al di sopra di tutto."