Gattuso racconta la sua malattia: "Mi dissero che non potevo più giocare, a darmi la forza erano i bambini dell'ospedale"

Rino Gattuso, sulle pagine del Guerin Sportivo, ha parlato della sua malattia, che lo ha tenuto fuori dal campo per molti mesi la scorsa stagione: “E’ stato un passaggio importante, direi decisivo, per farmi tornare la voglia di calcio. La prima volta che mi vide Rocco Liguori, al Bellaria di Bologna, fu categorico: “Non giocherai mai più a calcio”. Rimasi raggelato, immobile davanti a lui senza parlare. Ancora adesso, quando mi vede in campo, continua a non spiegarsi come faccia. Ma la malattia c’è. Ho imparato a conviverci. Tutti i giorni prendo farmaci, non bisogna mai abbassare la guardia. L’ho accettata, me la tengo, consapevole che c’è da battagliare a ogni risveglio. Però i miglioramenti li vedo e si vedono.
E penso sempre a chi sta peggio di me. Ad esempio quei bambini di 5 o 6 anni che incontravo a Bologna. Andavo 4 volte a settimana al Bellaria per fare le trasfusioni. Accompagnavo mio figlio a scuola alla mattina e alle 8 salivo sul treno con mia moglie. Destinazione reparto di neurologia. Dovevo stare sdraiato 5 ore su un lettino e avevo questi bambini che mi portavano i disegni fatti da loro. Pensavano che fossi io, con la mia presenza, ad aiutarli. Invece erano loro a farmi compagnia, a darmi forza. Ero lì sdraiato e vedevo le cose doppie con ‘sta cavolo di flebo attaccata la braccio”.

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